mercoledì , 15 Gennaio 2025
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187. Recensione a: Agnese Di Riccio, Alfredo Ferrarin, Guido Frilli, Danilo Manca (a cura di), La psicologia di Hegel. Un commentario, IISF PRESS, Napoli 2023, pp. 357. (Mario Pati)

L’oggetto di indagine del volume curato da A. Di Riccio, A. Ferrarin, G. Frilli e D. Manca è la psicologia hegeliana. Nella fattispecie, il volume succitato si presenta come un commentario – preciso e rigoroso – della sezione Psicologia (§§ 440-482) della terza e ultima edizione dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, risalente al 1830.
Il libro è suddiviso in due parti. La prima ricostruisce le fonti primarie e secondarie concernenti il tema indagato, mettendo altresì in luce il ruolo sistematico svolto dalla Psicologia all’interno dell’opera hegeliana. La seconda parte costituisce il cuore del lavoro: in essa, ciascun autore si confronta in maniera serrata con una specifica porzione del testo hegeliano. In particolare, Ferrarin si occupa dei paragrafi 440-445; G. Califano dei §§ 446-450; L. Sala di quelli che vanno dal 451 al 454; Di Riccio dei paragrafi 455-457; Manca dei §§ 458-464; F. Orsini dei §§ 465-468; Frilli dei paragrafi 469-480 e J.-F. Kervégan degli ultimi due, vale a dire il 481 e il 482.
L’analisi di tali contributi necessita di essere preceduta da alcune osservazioni di carattere introduttivo. A tal fine, risulta utile richiamare i punti fondamentali enucleati da Ferrarin nel suo saggio introduttivo, intitolato Funzione e significato della Psicologia. Qui, lo studioso contestualizza sapientemente la Psicologia all’interno dell’opera di cui è parte, vale a dire dell’Enciclopedia. Ferrarin ricorda che la struttura tripartita di quest’ultima, consistente nella suddivisione in logica, filosofia della natura e filosofia dello spirito, risponde non già alle esigenze della deduzione filosofica, bensì a quelle didattiche del professore Hegel. A suo dire, tale precisazione è importante perché, secondo Hegel, “non c’è priorità di un elemento sugli altri, né una transizione reale da una sfera a un’altra”, giacché è pur sempre l’idea – la ragione che permea il reale – che «si manifesta in modi diversi nella logica, nella natura e nello spirito» (p. 58). Ferrarin osserva che la Psicologia va quindi letta con la consapevolezza che, in quanto parte della filosofia dello spirito soggettivo, essa costituisce il modo peculiare in cui l’idea si incarna e si comprende come spirito finito. Su questa base, lo studioso si propone di chiarire il concetto di spirito in Hegel.
In generale, lo spirito, per Hegel, è sviluppo di sé; ovvero, processo di auto-realizzazione e riconoscimento di sé nella realtà. In particolare, nota Ferrarin, lo spirito finito e soggettivo di cui si occupa la Psicologia coincide con l’attività di superamento dell’immediatezza del dato empirico, cioè con il «passaggio graduale […] dal trovare al porre e sapere come proprio» (p. 63). In altri termini, la Psicologia – prosegue lo studioso – delinea le modalità attraverso le quali il soggetto umano interiorizza il materiale esterno, conferendo a esso forma spirituale e per ciò stesso razionale.
È stato sottolineato che tale sezione dell’Enciclopedia costituisce una componente fondamentale della filosofia dello spirito e, in specie, della filosofia dello spirito soggettivo. Orbene, per Ferrarin è opportuno precisare che la Psicologia rappresenta il culmine di quest’ultima ed è preceduta dalle sezioni Antropologia e Fenomenologia. Egli nota che l’Antropologia tratta lo spirito in quanto appropriazione progressiva del corpo, ossia della condizione naturale alla quale lo spirito è inevitabilmente legato. Lo spirito, che Hegel nell’Antropologia chiama anima, diviene coscienza nel momento in cui riconosce il corpo come oggetto a sé contrapposto, facendone lo strumento della propria attività soggettiva. La sezione Fenomenologia si occupa precisamente dello spirito in quanto coscienza. Ferrarin rileva che la Fenomenologia dell’Enciclopedia si distingue dalla Fenomenologia dello spirito del 1807 sotto due importanti aspetti. In primo luogo, l’ultima è una critica della coscienza, mentre la prima una teoria di essa. In secondo luogo, la Fenomenologia dello spirito è un’introduzione al sistema filosofico vero e proprio di Hegel, laddove la sezione Fenomenologia è «parte integrante del sistema» (p. 71). Ferrarin rammenta al lettore che la Fenomenologia dell’Enciclopedia termina con la coscienza che si scopre ragione: vale a dire, certezza della non estraneità del mondo rispetto a sé.
La Psicologia prende le mosse da tale risultato. Per adoperare un’espressione hegeliana, una volta “accasatosi” nel mondo in quanto ragione, lo spirito «non si rapporta ai contenuti come oggetti dati, ma come alle proprie determinazioni» (p. 73). In altri termini, lo spirito con cui ha a che fare la Psicologia è intelligenza e volontà; rispettivamente, concettualizzazione del dato e conseguimento di scopi particolari. Ferrarin conclude il suo saggio introduttivo sottolineando che, evidentemente, la psicologia hegeliana non può essere intesa alla stregua né della psicologia razionale né della psicologia empirica. Ciò in quanto la psicologia hegeliana non costituisce né una teoria metafisica dell’anima né una mera descrizione di «un soggetto presupposto come bell’e fatto» (p. 77).
Sulla scorta delle suddette precisazioni concettuali, è possibile passare in rassegna i vari contributi che compongono la parte analitica del volume. È bene precisare che la Psicologia è a sua volta articolata in tre sottosezioni: Spirito teoretico, Spirito pratico e Spirito libero. È lo stesso Ferrarin a occuparsi dei paragrafi iniziali, offrendo significative delucidazioni concernenti la relazione tra spirito teoretico, inteso come attività di conoscere o intelligenza (Intelligenz), e spirito pratico, concepito come capacità di agire o volontà (Wille).
In primo luogo, Ferrarin nota che «i modi teoretico e pratico sono a pari titolo modi dell’autodeterminazione dello spirito» (p. 97). Ovvero, «le loro produzioni vanno verso l’interno, nella formazione del mondo ideale dello spirito, e verso l’esterno, per dare essere al suo» (p. 97). I prodotti finali dello spirito teoretico e dello spirito pratico sono, rispettivamente, la parola e il godimento. Ferrarin pone enfasi sul fatto che, sebbene parola e godimento rappresentino produzioni importanti dello spirito, esse rimangono soggettive o formali se paragonate a cultura e azione in un mondo condiviso, cioè se poste a confronto con le determinazioni dello spirito oggettivo. In questo senso, il processo di realizzazione dello spirito a cui si assiste nella Psicologia rappresenta non già l’esito compiuto di tale processo, bensì una tappa intermedia.
In secondo luogo, Ferrarin mette in risalto che i modi teoretico e pratico non vanno associati in maniera esclusiva a passività e attività, giacché entrambi implicano aspetti passivi e attivi. L’intelligenza, per esempio, ha senz’altro a che fare con contenuti che le vengono sottoposti dall’esterno; al tempo stesso, tuttavia, l’intelligenza si esercita su di essi come attività di rielaborazione dei medesimi. Nel commentare il paragrafo 445, il quale inaugura i paragrafi della Psicologia dedicati all’intelligenza, Ferrarin sottolinea che l’essenza dell’intelligenza è per l’appunto il conoscere, cioè il «far diventare l’estraneo un proprio» (p. 100). In altri termini, l’intelligenza trasforma il dato empirico, il quale diviene dapprima intuizione, poi rappresentazione e infine concetto o pensiero. L’oggetto esterno acquisisce così forma spirituale, la quale costituisce il «senso più vero» (p. 100) dell’oggetto stesso.
Il saggio di Califano si concentra sul primo momento dello spirito teoretico, vale a dire l’intuizione (Anschauung). Per il tramite di essa, l’intelligenza non si limita a ricevere passivamente il dato esterno, bensì, grazie all’attività dell’attenzione (Aufmerksamkeit), lo comprende come una totalità di determinazioni – quali, per esempio, il colore e la forma – inserita all’interno di un continuum spazio-temporale. In questo senso, «l’oggetto dell’intuizione è quindi un oggetto razionale» (p.133).
Sala e Di Riccio ricostruiscono le caratteristiche fondamentali della rappresentazione (Vorstellung). Sala pone enfasi sul fatto che la rappresentazione, a dire di Hegel, è intuizione ricordata e interiorizzata; Di Riccio si concentra sull’immaginazione (Einbildungskraft) quale attività centrale della rappresentazione. Le riflessioni dei due autori possono essere riassunte come segue. Grazie alla rappresentazione, i dati empirici vengono sottratti dal tempo e dallo spazio esteriori e progressivamente trasformati in ricordi, immagini, simboli e segni. In tal modo, l’intelligenza si appropria dell’essere degli oggetti, giacché, per esempio, il rosso diviene la propria immagine del rosso.
Nel prendere le mosse da tali risultati, Manca si occupa dei passaggi cruciali che istituiscono la transizione dal dominio della rappresentazione a quello del pensiero, quindi alla dimensione concettuale propriamente intesa. Per lo studioso, protagonisti fondamentali della trasformazione delle rappresentazioni in pensieri sono «il linguaggio e la memoria che ha a che fare con segni e nomi» (p. 205). Infatti, i nomi e il loro sistema stabile ed effettivo – il linguaggio – divengono possibili proprio grazie alla memoria, nella sua triplice funzione di memoria che ritiene il nome, memoria riproduttiva e memoria meccanica. La prima consiste nella capacità di richiamare a coscienza, in presenza dei segni corrispondenti, il significato dei nomi. La memoria riproduttiva è la capacità di esteriorizzare e comprendere autonomamente sotto forma di parole le rappresentazioni a esse associate. L’ultima funzione, invece, in quanto attività di recitare a memoria una sequenza di nomi senza badare al loro significato, è indice della capacità auto-relazionale dell’intelligenza. La memoria nel suo complesso segna quindi il passaggio dalla rappresentazione al pensiero perché, per il tramite di essa, l’intelligenza si rende indipendente dall’intuizione e dalle immagini nel linguaggio.
Nel suo commento ai paragrafi 465-468, Orsini chiarisce la relazione tra pensiero soggettivo, cioè l’attività del pensare analizzata nella Psicologia, e pensiero oggettivo, il quale coincide, secondo Hegel, con la dimensione razionale del reale. L’autore mostra che il pensiero soggettivo non consiste unicamente nella progressiva interiorizzazione dei dati esterni, ma anche nella graduale maturazione della consapevolezza che è per l’appunto il pensiero oggettivamente inteso a particolarizzarsi e incarnarsi in uno spirito finito, capace di comprendersi come manifestazione della razionalità che permea il reale. Secondo questa nuova prospettiva, «l’oggetto compreso continua a differire dal soggetto pensato sotto l’aspetto della sua immediatezza o naturalità […] ma non nella sua essenza, che è identica a quella del pensiero intelligente» (p. 277). Inoltre, Orsini delinea il passaggio dallo spirito teoretico, cioè dall’intelligenza, allo spirito pratico, ovvero alla volontà, esposto da Hegel nel § 468. Orsini afferma che il fondamento di tale passaggio «è l’autodeterminazione dello spirito come realizzazione del fine immanente della conoscenza» (p. 284): in altre parole, la volontà non è altro che il proseguimento dell’attività di sostituzione delle determinazioni essenti con le proprie determinazioni; attività che, come è stato mostrato, contraddistingue l’intelligenza.
Su quest’ultimo aspetto insiste Frilli all’interno del suo saggio. Egli nota che «la volontà è il modo di essere pratico dello spirito; è, per un verso, il risultato dello svolgimento dell’intelligenza» (p. 286). Infatti, la volontà rappresenta «uno sviluppo complementare e una concretizzazione» (p. 288) dello spirito teoretico, giacché, laddove quest’ultimo interiorizza l’essente per porlo come proprio, lo spirito pratico prende le mosse da ciò che è proprio per porlo come essente. Detto altrimenti, in quanto volontà, lo spirito modifica il reale a partire dai propri scopi. Frilli rileva che, in ultima analisi, la volontà diviene spirito libero una volta aver compreso che essa non è riducibile agli scopi particolari in cui si realizza.
Come anticipato in precedenza, Spirito libero è il titolo dell’ultima sezione della Psicologia e comprende i paragrafi 481 e 482. Di tali paragrafi si occupa Kervégan nel saggio conclusivo del volume. Innanzitutto, l’autore sottolinea che i §§ 481-482 terminano la filosofia dello spirito soggettivo e inaugurano la filosofia dello spirito oggettivo. In secondo luogo, e di conseguenza, Kervégan chiarisce in maniera puntuale che lo spirito libero, in quanto unità dello spirito pratico e dello spirito teoretico, è caratterizzato dalla volontà di emanciparsi dalle forme di datità che contraddistinguono quest’ultimi; ovvero, dalla datità degli oggetti esterni e dalla datità degli impulsi e bisogni naturali. Infine, Kervégan pone l’accento sul fatto che tale volontà di libertà si risolve in ultima analisi nella realizzazione di un mondo culturale, giuridico e politico che costituisce il «quadro normativo» (p. 333) e la condizione stessa per godere della propria libertà.
Nel complesso, il volume costituisce uno studio ricco e rigoroso di uno dei luoghi testuali meno indagati dalla critica. I contributi di cui si compone, scritti con scrupolosa meticolosità, offrono un contributo prezioso alla ricerca sulla filosofia hegeliana. Inoltre, grazie all’acribia con la quale commentano il testo, essi rappresentano un sostegno fondamentale per chiunque volesse accostarsi per la prima volta o approfondire ulteriormente la Psicologia di Hegel.

(13 gennaio 2025)

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