lunedì , 30 Dicembre 2024
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[:it]Discipline Filosofiche, XXXI, 2, 2021: L’intuizione e le sue forme. Prospettive e problemi dell’intuizionismo, a cura di Stefano Besoli e Luca Guidetti[:en]Discipline Filosofiche, XXXI, 2, 2021: Intuition and its Forms. The Prospects and Problems of Intuitionism, ed. by Stefano Besoli and Luca Guidetti[:]

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Nel Faust, Goethe fa dire a Linceo il Torriero: «Zum Sehen geboren, zum Schauen bestellt» (To see I was born, to look is my call). Ciò significa che l’uomo non è solo in grado di vedere, alla stessa stregua di tutto il genere animale, ma ha il compito di avere una visione intuitiva di ciò che lo circonda, di scrutare l’orizzonte nella sua infinità e di contemplare le cose nella loro natura essenziale, nel modo in cui effettivamente sono, nel loro essere-così. Di qui scaturisce non solo il ruolo cruciale che la problematica dell’intuizione ha svolto in ambito filosofico, ma anche l’investimento di tale nozione in chiave scientifico-matematica e psicologica, fino alla predisposizione umana che sfrutta l’intuizione ai fini dell’immaginazione artistica. Al riguardo, in una lettera a Hofmannstahl del 1907, Husserl afferma che la visione fenomenologica, che non deve mai trascendere il dato fenomenico, è strettamente affine alla visione estetica dell’arte “pura”, poiché questa non attiene a un vedere riguardante il piacere estetico, ma ha di mira semmai il ricercare, la conoscenza e le constatazioni scientifiche di una nuova sfera filosofica. Partendo da ciò, l’artista osserva il mondo ridotto a fenomeno, non già per sondarne o coglierne concettualmente il senso, ma volendo appropriarsene intuitivamente per raccoglierne la pienezza delle forme, e cioè i materiali da utilizzare per le configurazioni estetico-creative o per partecipare sotto il profilo spirituale, in senso goethiano, al modo in cui la natura si arricchisce di continuo tramite le sue produzioni.
Il concetto d’intuizione è senz’altro tra i più problematici e complessi dell’intera filosofia, poiché presenta questioni aperte sia sul versante teoretico, sia su quello propriamente storico, in ordine ad esempio al luogo originario della sua più antica formulazione o alla costellazione di termini che ne esprimono il significato e il peculiare funzionamento. Nella sua fisiologia concettuale, in larga parte contenuta nella stessa radice etimologica del termine, l’intuizione sta per un vedere o un guardare in maniera penetrante o comunque dotato di notevole acutezza. Ma al di là dell’intervento sul piano strettamente conoscitivo, il ruolo dell’intuizione si estende al percepire in generale e ai diversi tipi di atti in cui esso si articola, con la conseguenza di rilanciare un’opposizione non facilmente componibile tra intuizione e pensiero, tra pensiero intuitivo e pensiero simbolico, tra immediatezza dell’intuizione e discorsività del pensiero, tra aspetti ricettivi e tratti spontanei dell’attività conoscitiva. Se l’intuire non rappresenta solo un’operazione della vista, ma indica più in generale l’apprensione delle cose tramite la mente (o lo spirito), si apre di nuovo la questione sul fatto di potersi richiamare a un’intuizione sganciata dal piano della sensibilità, o sull’obbligo invece di riconoscere nell’intuizione una sorta di evidenza originaria, la cui concretezza fisserebbe la genesi empirica di ogni astrazione concettuale e di ogni tentativo di pensare qualcosa. Anche sulla base di tali oscillazioni di fondo, Heidegger – in uno dei suoi corsi marburghesi (Logica. Il problema della verità) – ha asserito che è la cosa stessa a dare l’intuizione, giacché conoscere non è altro che apprendere o cogliere l’ente in carne ed ossa, per cui – sulla scia di Husserl – sembra necessario operare un ritorno ad Aristotele, attenendosi al fatto che la verità non si determina primariamente in rapporto alla proposizione, ma con riferimento al conoscere come intuizione. In tal senso si tratterebbe di risalire a un’esperienza che ci appare evidente per il fatto che l’intuizione risulta anteriore alla distinzione tra soggetto e oggetto, per cui colui che intuisce non può che fare tutt’uno con il proprio oggetto, identificandosi con esso – come del resto già rivendicato in termini speculativi nella Differenzschrift di Hegel.
Come termine tecnico, l’intuizione è stata inserita nel linguaggio filosofico attraverso la traduzione latina, operata da Wilhelm von Moerbeke, dello scritto di Proclo intitolato Peri pronoias. Tale termine restituisce il senso del termine greco epibole, di derivazione epicurea, nella cui tradizione esso stava a significare l’apprensione diretta e immediata tramite cui si coglie quasi di un colpo l’intero oggetto di conoscenza, a differenza di ciò che avviene sul piano di una conoscenza che privilegia le singole parti oggettuali. Per molto tempo l’intuizione è stata considerata, in maniera più o meno concorde, come la forma di conoscenza più profonda proprio perché diretta, per cui a tale immediatezza si tendeva ad associare il riscontro del massimo grado di certezza e affidabilità conoscitiva. Ma poi nel corso del Novecento, e segnatamente in alcuni risvolti della filosofia americana di tale secolo, iniziò a manifestarsi un disaccordo rispetto ad alcuni aspetti qualificanti dell’intuizione, con particolare riguardo al valore attribuitole in tema di conoscenza e di ricerca della verità. Già in uno scritto del 1868, Questions concerning certain faculties claimed for man, Peirce sottopose a critica il concetto d’intuizione, negando che esso potesse garantire il riferimento immediato della conoscenza al suo oggetto. In tal senso, l’intuizione non costituisce l’evidenza conoscitiva che l’io ha di sé, né è in grado di distinguere gli elementi soggettivi di conoscenze differenti. In questa direzione, si è sviluppato il dibattito sullo statuto della nozione d’intuizione e sulla possibilità di farne il fondamento del sapere, riconoscendo le difficoltà ad affrontare l’esperienza conoscitiva nel suo complesso senza un richiamo ugualmente fondante alla rete concettuale, linguistica e segnica del sapere e al legame che s’instaura, in maniera reciproca, tra le diverse conoscenze stesse.

Le aree tematiche suggerite, ma non esclusive, sono le seguenti:
1) l’emergere e l’incremento del ruolo dell’intuizione nella filosofia antica (Platone, Aristotele, Epicureismo, Plotino);
2) il tema dell’intuizione nella tradizione di pensiero medievale e rinascimentale (Agostino, Tommaso d’Aquino, Scoto Eriugena, Duns Scoto, Occam, Cusano, Ficino);
3) l’intuizione nel razionalismo e nell’empirismo moderno (Descartes, Malebranche, Spinoza, Locke, intuizionismo etico inglese e scozzese);
4) l’intuizione nella filosofia critico-trascendentale: Kant, Maimon, Reinhold, Jacobi;
5) la facoltà di giudizio intuitiva e la critica dei sensi in Goethe;
6) l’intuizione sensibile e l’intuizione intellettuale nell’idealismo tedesco: Fichte, Schelling, Hegel, Schleiermacher, Novalis, Jean Paul, Hölderlin;
7) il rilevo attribuito all’intuizione nella riflessione psicologica, psicopatologica e psicoanalitica di orientamento filosofico (Schopenhauer, Eduard von Hartmann, Freud, Jung, Binswanger);
8) l’intuizione all’incrocio tra psicologia comprendente diltheyana, filosofia della vita e intuizionismo bergsoniano;
9) il ruolo decisivo dell’intuizione nella tradizione fenomenologica (Husserl, Merleau-Ponty, Scheler, Ingarden);
10) la percezione e l’intuizione (sensibile, categoriale, estetica);
11) l’intuizionismo logico-matematico (Brouwer, Heyting, Kleene, Vesley);
12) l’intuizionismo morale nel Novecento (e oltre) (Moore, Ross, Audi).

Istruzioni per gli autori: I manoscritti non devono superare le 9.000 parole, inclusi l’abstract, la bibliografia e le note. Sono ammessi testi in lingua italiana, inglese, francese, tedesca e spagnola. I manoscritti devono essere inviati in formato doc o docx insieme a una versione in pdf come allegato di posta elettronica a Stefano Besoli (stefano.besoli@unibo.it) e a Luca Guidetti (l.guidetti@unibo.it). I contributi verranno inviati a due revisori indipendenti secondo la procedura del referaggio doppiamente cieco. I revisori possono richiedere all’Autore di modificare o migliorare i loro contributi per la pubblicazione. Si prega quindi di allegare sia una versione del contributo anonima intitolata “Manoscritto” sia una “Pagina Copertina” separata in cui siano indicati il nome completo degli Autori, il titolo accademico, l’Università (o l’Istituto) di appartenenza e i recapiti. Il Manoscritto deve contenere un abstract in inglese che non superi le 150 parole e 5 parole-chiave (keywords). Ogni proprietà del file che potrebbe identificare l’Autore deve essere rimossa per assicurare l’anonimato durante la procedura di referaggio. Di ogni testo verrà accusata ricevuta. Nella preparazione potrà essere adottato qualunque stile chiaro e coerente, ma in caso di pubblicazione l’autore dovrà inviare una versione finale che rispetti le norme redazionali della rivista (si vedano le norme redazionali alla pagina https://www.disciplinefilosofiche.it/norme-redazionali/). Inviando un manoscritto, l’autore sottintende che il testo non è stato pubblicato in precedenza in nessun’altra sede e che non è oggetto di considerazione da parte di alcun’altra rivista. In caso di pubblicazione, l’autore è tenuto a rinunciare ai diritti a favore dell’Università degli Studi di Bologna. Potrà richiedere alla Direzione della Rivista il diritto di ripubblicare l’articolo.

Scadenza per l’invio del manoscritto: 15 agosto 2021
Notifica della decisione: 15 settembre 2021
Scadenza per l’invio della versione finale: 31 ottobre 2021[:en]

In his Faust, Goethe has Lynceus, the Watchman, say: “Zum Sehen geboren, zum Schauen bestellt” (To see I was born, to look is my call). This means that human beings are not just able to see, like all other animals: their task is to have an intuitive view of what surrounds them, to investigate the horizon in its infinity, and to contemplate things in their essential nature, in the way they actually are, in their being-thus. Here lies the origin not only of the crucial role that the issue of intuition has played in philosophy, but also of the notion’s employment in the mathematical-scientific and psychological domains, as well as of the human predisposition to put intuition at the service of artistic imagination. In a 1907 letter to Hofmannstahl, Husserl states in this respect that the phenomenological view, which must never transcend the phenomenal datum, is very close to the aesthetic view of “pure” art, insofar as the latter does not concern a kind of seeing that is related to aesthetic pleasure, but aims at investigation, knowledge, and the scientific findings of a new philosophical sphere. Artists observe a world reduced to phenomenon, not in order to probe or grasp conceptually its sense, but in order to appropriate it intuitively and to collect the fullness of its forms, that is, the materials they will use to frame their aesthetic-creative patterns, or to participate spiritually, in Goethe’s sense, in the way nature ceaselessly grows richer and richer through its productions.
Intuition is undoubtedly one of the more complex and problematic concepts of all philosophy, raising as it does open questions both at a theoretical and historical level, for instance concerning the place of origin of its oldest formulation, or the constellation of terms that articulate its meaning and peculiar functioning. In its conceptual physiology, which is largely contained in its very linguistic roots, intuition stands for a penetrating, or at any rate remarkably acute, seeing or viewing. But beyond its contribution to knowledge narrowly understood, the role of intuition extends to perception in general and to the various types of acts in which perception is articulated – issuing in hardly reconcilable oppositions between intuition and thought, intuitive thought and symbolic thought, the immediateness of intuition and the discursivity of thought, the receptivity and spontaneity of cognition. If intuition is not just an exercise of sight, but relates more generally to the apprehension of things by the mind, one needs to ask again whether an intuition uncoupled from the senses is indeed possible, or whether it is necessary to see intuition as a sort of original evidence whose concreteness fixes the empirical genesis of any conceptual abstraction and of any attempt to think a thing. Partly on the basis of such fundamental oscillations, Heidegger states in one of his Marburg courses (Logic. The Question of Truth) that it is the thing itself that gives the intuition, because knowing is nothing more than apprehending or grasping an entity in its person – which in turn requires us to go back (in the wake of Husserl) to Aristotle, acknowledging the fact that truth does not relate primarily to propositions, but to the act of knowing qua intuition. The task would then be to go back to an experience that appears evident to us because intuition precedes any distinction between subject and object, so that the intuiting subject must be one and the same with their object, identifying themselves with it – which, for that matter, is the speculative claim of Hegel’s Differenzschrift.
As a technical term, “intuition” entered philosophical language through Wilhelm von Moerbeke’s Latin translation of Proclus’ Peri Pronoias. “Intuition” is there used to render the meaning of the Greek word epibole, an Epicurean term which was originally used to refer to the direct and immediate apprehension by which one grasps the whole object of knowledge, as distinct from the sort of knowledge that gives pride of place to the object’s single parts. For a long time intuition was almost unanimously regarded as the deepest form of knowledge precisely because of its directness: philosophers tended to associate its immediateness with the highest degree of certainty and cognitive reliability. However, the 20th century brought with it increasing disagreement, most notably in American philosophical circles, concerning some distinctive features of intuition, especially in connection with its value for knowledge and the search for truth. Peirce had already criticized the concept of intuition in his Questions concerning certain faculties claimed for man (1868), denying its capacity to ensure knowledge’s immediate reference to its object. Intuition does not constitute, in this sense, the cognitive evidence that the “I” has of itself, nor can it distinguish the subjective elements of different instances of knowledge. Such considerations have led to a debate on the status of the notion of intuition and on the possibility of treating it as a foundation for knowledge, as well as to an acute awareness of the obstacles that stand in the way of explaining our cognitive experience as a whole without assigning an equally foundational role to the conceptual, linguistic and semiotic network of knowledge, as well as to the mutual links that tie different instances of knowledge together.

Topics could include but are not restricted to:
1) The emergence and increasing importance of the role of intuition in ancient philosophy (Plato, Aristotle, Epicureanism, Plotinus);
2) intuition in medieval and Renaissance thought (Augustine, Aquinas, Eriugena, Scotus, Ockham, Nicholas of Cusa, Ficino);
3) intuition in modern rationalism and empiricism (Descartes, Malebranche, Spinoza, Locke, English and Scottish ethical intuitionism);
4) intuition in critical-transcendental philosophy (Kant, Maimon, Reinhold, Jacobi);
5) the faculty of intuitive judgment and the critique of the senses in Goethe;
6) sensible and intellectual intuition in German idealism (Fichte, Schelling, Hegel, Schleiermacher, Novalis, Jean Paul, Hölderlin);
7) the role of intuition in philosophically oriented psychology, psychopathology and psychoanalysis (Schopenhauer, Eduard von Hartmann, Freud, Jung, Binswanger);
8) intuition at the crossroads between Dilthey’s “verstehende” psychology, the philosophy of life, and Bergson’s intuitionism;
9) the key role of intuition in the phenomenological tradition (Husserl, Merleau-Ponty, Scheler, Ingarden);
10) perception and (sensible, categorial, aesthetic) intuition;
11) mathematical intuitionism (Brouwer, Heyting, Kleene, Vesley);
12) moral intuitionism in the 20th century (and beyond) (Moore, Ross, Audi).

Guidelines for the authors: Submissions should not exceed 9,000 words including abstract, refer-ences and footnotes. Manuscripts may be submitted in Italian, English, French, German, or Spanish. They must be sent as an email attachment in .doc or .docx format, along with a .pdf version, to Stefano Besoli (stefano.besoli@unibo.it) and Luca Guidetti (l.guidetti@unibo.it). Submitted manuscripts will be sent to two independent reviewers, following a double-blind peer review process. The reviewers may ask authors to make changes or improvements to their contributions in view of publication. Authors are kindly requested to attach both an anonymous version of their contribution entitled “Manuscript” and a separate “Cover Page” stating their name, academic affiliation and contact details. Manuscripts must include an English abstract of less than 150 words and 5 keywords. Any property of the file that might identify the author must be removed to ensure anonymity during the review process. A notification of receipt will be issued for each submission. In drafting their text, authors can adopt any clear and coherent style, but should the text be accepted for publication, they will be required to send a final version in keeping with the style guidelines of the journal (please refer to the style guidelines at https://www.disciplinefilosofiche.it/en/norme-redazionali/). Submission of a manuscript is understood to imply that the paper has not been published before and that it is not being considered for publication by any other journal. Should the manu-script be accepted for publication, the author will be required to transfer copyrights to the University of Bologna. Requests to republish the article may be made to the Editorial Board of the Journal.

Deadline for the submission of manuscripts: August 15, 2021
Notification of acceptance, conditional acceptance, or rejection: September 15, 2021
Deadline for the submission of the final draft: October 31, 2021

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