giovedì , 14 Novembre 2024
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109. Recensione a: Valentina Gaudiano, La filosofia dell’amore in Dietrich von Hildebrand. Spunti per un’ontologia dell’amore, Inschibboleth, Roma 2021, pp. 432. (Tommaso Bertolasi)

Nel contesto sfidante che l’umanità sta attraversando, le relazioni e dunque anche il vincolo sociale per eccellenza – l’amore – sono messi a dura prova. Interrogarsi, sulla scorta di un grande maestro del pensiero occidentale, Dietrich von Hildebrand, sul significato e la struttura dell’amore, implica addentrarsi in un sentiero che non può non interpellare le donne e gli uomini di oggi.
Frutto della sua ricerca dottorale, è ora pubblicato in italiano per Inschibboleth il lavoro di Valentina Gaudiano sulla filosofia dell’amore di Dietrich von Hildebrand. Lo studio viene a colmare un vuoto bibliografico, dato che negli ultimi decenni son ben pochi i saggi dedicati al fenomenologo tedesco che occupano gli scaffali di biblioteche e librerie. Non abbondano nemmeno i contributi specialistici su riviste scientifiche, pertanto il testo che qui recensiamo si colloca come una delle (poche) porte d’accesso su uno degli assi portanti del pensiero di Hildebrand.
Il felice incontro tra l’autrice e l’editore è un dato di non poco conto se si considera che Inschibboleth porta nel suo stesso nome la vocazione al dialogo tra una pluralità di voci diverse. E Gaudiano dispiega la filosofia dell’amore hildebrandiana in un costante dialogo con autori antichi e contemporanei che, su questo tema, hanno offerto scorci di rara bellezza e profondità.
La domanda dalla quale prende le mosse la ricerca è incentrata sulla possibile correlazione tra l’essere e l’amore. In effetti, la filosofia contemporanea, soprattutto quella di area francese, ha preso le distanze dal logos sull’essere e dalla sua articolazione metafisica, intesa come pensiero vincolato ai tre classici principi di identità, di non contraddizione e del terzo escluso. È possibile pensare l’essere altrimenti, anziché pensare altrimenti che essere? È possibile, dunque, sulle tracce della fenomenologia dell’amore di Hildebrand, pensare l’essere come amore? Questa è, in definitiva, la questione che fa da sfondo al testo e che trova nelle pagine conclusive dello studio l’incipiente traccia di un sentiero. Una promessa, dunque, più che una parola definitiva.
Gaudiano struttura il suo lavoro in un trittico sulla filosofia dell’amore di Hildebrand e lo colloca tra due ampie vetrate che le permettono di gettare sguardi sul pensiero di altri esponenti della tradizione filosofica. La prima di queste vetrate, nonché primo capitolo del libro, condensa, in necessariamente brevi frammenti colorati, la storia della filosofia dell’amore. I protagonisti che appaiono, in coerenza con l’oggetto del trittico, sono, secondo l’autrice, di particolare rilievo per le trame del pensiero hildebrandiano sull’amore. Tuttavia, spetta al lettore scoprire i passaggi dell’opera di Hildebrand in cui si trovano riferimenti impliciti o espliciti a questi maestri del pensiero. Da Platone e Aristotele a Tommaso e Agostino si transita nella modernità di Fichte e Kirkegaard, non prima di aver posto lo sguardo su Spinoza, Ficino, Rousseau e Pascal. Se, da una parte, la storia della filosofia dell’amore delineata in questo primo capitolo ha il merito di introdurre all’oggetto in esame, dando voce a dei pensatori immensi in una sintesi pedagogicamente rilevante, d’altra parte, essa rimanda l’individuazione dello status quaestionis allo sforzo del lettore. Della seconda vetrata (il capitolo V) che segue il trittico e che chiude lo studio, e che pone idealmente in dialogo Hildebrand con autori contemporanei, si dirà più avanti.
Nel compendio di storia della sophiophilia, della sapienza dell’amore, vengono in risalto motivi etici o metafisici, spesso non contrapposti, ma interrelati. Ed ecco che metafisica ed etica divengono dapprima i poli concettuali attorno ai quali viene ricostruita la filosofia dell’amore di Hildebrand, costituendo così la prima e la seconda tavola del trittico (rispettivamente i capitoli II e III). Successivamente, essi vengono presentati nell’ultima tavola (il capitolo IV) nelle loro reciproche e correlative implicazioni.
L’opera che fa da sfondo alle ricerche di Gaudiano è L’essenza dell’amore, testo della maturità e compendio del pensiero di Hildebrand. Per i non specialisti, tuttavia, la sfida sta nello scoprire a quali volumi del filosofo tedesco si stia riferendo di volta in volta la studiosa italiana, al fine di poter verificare i passaggi concettuali sulle pagine di questa o di quella sua opera. In ogni modo, per Hildebrand l’amore è inteso come risposta al valore che determina il definirsi dell’amore stesso. Si comprende dunque, in tal senso, che nello sviscerare il concetto Gaudiano si concentri dapprima sul significato generale dei valori nella filosofia hidebrandiana, per poi dedicarsi al soggetto che di questi valori è portatore. Assiologia e personalismo sono, perciò, gli assi portanti della prima tavola del trittico.
Nel III capitolo l’attenzione è finalmente posta sulla fenomenologia dell’amore di Hildebrand. Il locus amoris è rinvenuto nel cuore, inteso come la profondità ultima e più intima dell’anima umana. Nel cuore risiede per Hildebrand il mistero della persona umana, la quale si manifesta nella relazione amorosa con altri. La grammatica dell’amore è rinvenuta, in effetti, nel contatto tra l’amante e l’amato e ha origine nel valore personale di cui l’amato è portatore. L’amare è dunque una risposta affettiva al valore dell’altro, è atto secondo che procede dal coglimento della singolarità di chi ci sta dinanzi. Proprio su questo punto Gaudiano torna nelle pagine conclusive del libro, in un confronto con la diversa prospettiva proposta da J.-L. Marion. Orbene, dopo aver inquadrato l’oggetto d’indagine nella cornice dell’etica, vengono articolati gli elementi che strutturano l’amore e che sono: a) la superattualità, ovvero la spinta verso una sempre nuova attualizzazione; b) l’incanto, cioè il fatto che tutta la persona è oggetto d’amore e che, inoltre, l’amante incontra in modo immediato, nell’amare, il nucleo dell’amato; c) l’intenzione unitiva, con la quale si indica la mutua e gratuita appartenenza degli amanti, radicalmente diversa dall’appetito e dal possesso; d) l’intenzione benevolente, ossia il desiderio di bene per la persona amata e di ciò che è buono per lei.
Chiarite le caratteristiche dell’amore e tracciata una topologia di alcune figure di amanti (gli sposi, gli amici, genitori e figli, i fratelli), nell’ultima tavola del trittico viene posto a sistema quanto detto nei precedenti capitoli. Infatti, il capitolo IV si interroga sul rapporto tra l’etica e l’amore. Qui vengono proposte questioni relative alle relazioni amorose, al loro possibile fallimento, alla felicità che esse possono comportare, alla fedeltà e al tradimento, alla rilevanza dell’amore nell’etica sociale della comunità.
Chiuso il trittico sulla struttura dell’amore nella fenomenologia di Hildebrand, l’ultimo capitolo riprende il dialogo con alcuni autori contemporanei. A differenza del primo capitolo, però, quest’ultimo pone direttamente a confronto le posizioni hildebrandiane con quelle degli altri pensatori per rilevarne convergenze o divergenze. Tra i tanti maestri che potevano essere interpellati vengono chiamati in causa Wojtyla, Solov’ëv, Welte, Ortega y Gasset e, infine, Marion. Soprattutto con quest’ultimo il confronto si fa più serrato, sia perché, così come Hildebrand, egli è fenomenologo, sia perché le prospettive dei due pensatori divergono sul punto di partenza. Per Marion, infatti, l’amore è dono gratuito e quindi non è una risposta a una chiamata, ma un’iniziativa, alla quale, eventualmente si può rispondere. Per il pensatore tedesco, invece, l’atto dell’amante è sempre secondo, ed è una risposta al valore personale dell’amato.
Il fatto che nell’ultima parte non vi sia un apparato dedicato a M. Scheler potrebbe lasciar perplesso il lettore non avulso dai temi della fenomenologia. Scheler, infatti, è anch’egli fenomenologo, ha dedicato numerose pagine al tema dell’amore ed è stato in buona parte ispiratore delle ricerche della generazione di studiosi a cui appartiene anche Hildebrand. Leggendo il lavoro di Gaudiano, però, non si può non notare che Scheler è citato molto spesso, quasi da apparire come un interlocutore privilegiato, una sorta di contrappunto al dipanarsi delle analisi sul pensiero hildebrandiano. Ma non è solo Scheler il polo dialettico dello studio, infatti accanto a lui anche E. Stein fa spesso da controcanto alla concezione dell’amore di Hildebrand.
Se questi due autori vengono così spesso citati il motivo è forse anche da rinvenire nella scarsità di bibliografia critica secondaria che proponga differenti ermeneutiche sull’oggetto dello studio. Carenza questa, lo abbiamo già rilevato, che tuttavia non significa una totale assenza di materiali critici. Rimane dunque un compito per il lettore interessato la ricerca della voce di coloro che hanno espresso dissenso o che hanno sostenuto la proposta di Hildebrand.
Tra i meriti che si possono ascrivere allo studio di Gaudiano, ne vogliamo sottolineare quattro: a) in primo luogo, questo libro va a colmare il vuoto bibliografico di cui sopra. b) In secondo luogo, è apprezzabile lo stile didattico della giovane studiosa, confacente sia a un pubblico di studenti di filosofia, sia a un pubblico di non addetti ai lavori che vogliano inoltrarsi sui sentieri della filosofia dell’amore. c) Inoltre, in generale, va detto che la scelta di porre in dialogo autori diversi illumina un pensiero di luce nuova, offrendo talvolta ermeneutiche feconde. d) Infine, di non minor rilievo, è la novità teoretica che lo studio vuole offrire. Si tratta della presa di posizione riguardo la metafisica e l’ontologia, proposte in chiave relazionale, dinamica, ritmica e non dunque come ciò che va superato, né tanto meno come un pensiero imbrigliato nelle maglie della contrapposizione tra essere e non-essere.
In conclusione, nell’inedito e per molti aspetti terribile contesto storico che l’umanità intera sta attraversando, la prossimità, lo sappiamo bene, è posta a prova. L’ambivalenza delle relazioni si esprime in tutta la sua forza mostrandone, da un lato, la fragilità, dall’altro, lo slancio gratuito e generoso di quanti mettono in gioco persino la propria vita per quella degli altri. Tra queste vicende dolorose e meravigliose in cui l’umanità sembra a un tempo svilita e fiorita, mostrando il meglio e il peggio di sé, alcune categorie che esprimono prassi profondamente umane vengono messe alla prova come non mai. Proprio in questo contesto ha senso riflettere ancora una volta, in modo serio e pertinente, sull’amore.

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