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martedì , 3 Dicembre 2024
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161. Recensione a: Luisella Battaglia, Bioetica, Editrice Bibliografica, Milano 2022, pp. 190. (Andrea Allegra)

Luisella Battaglia, ordinario di Filosofia Morale e Bioetica presso le Università degli Studi di Genova e Suor Orsola Benincasa di Napoli, è autrice di Bioetica, un libro composto di cinque capitoli che tratta alcune delle questioni fondamentali della bioetica: dalle più note (bioetica medica, bioetica quotidiana e di frontiera) alle meno note (bioetica ambientale e animale).
L’autrice inizia la sua trattazione con il capitolo Trattiamo di bioetica, in cui fa un’analisi storica della disciplina o “semi-disciplina” (come direbbe A.R. Jonsen, si veda The Birth of Bioethics, 1998) coniugandola con la forza morale sprigionata fin da subito da Fritz Jahr a partire dal 1927, che «enuncia quello che potrebbe definirsi un imperativo bioetico: “Rispetta ogni essere vivente, in linea di principio, come un fine in sé e trattalo, se possibile, come tale”» (p. 10). A partire da questo enunciato, si passano velocemente in rassegna le figure di Van Potter e di Warren Reich che aderiscono ad una visione “globale” della bioetica, e cioè alla visione secondo la quale «la caratteristica distintiva della sfera della bioetica è che si estende a tutti i problemi concernenti la vita» (p. 13), per cui la bioetica può definirsi come «un campo d’indagine in cui si incontrano le più diverse discipline chiamate a riflettere su un tema centrale: il bios, la vita nelle sue diverse dimensioni, alla luce di un fuoco d’interesse unitario, quello etico» (p. 15).
La conclusione del capitolo mette bene in evidenza come la forza della visione morale avanzata dalla riflessione bioetica «ci invita […] a un’estensione dei confini della comunità morale lungo tre direzioni: nello spazio, oltre i confini geografici; nel tempo, al di là delle barriere delle generazioni; oltre la specie, verso gli animali non umani» (pp. 25-26). Estendere la comunità morale in senso spaziale significa porre in evidenza come la responsabilità dell’uomo nei confronti di se stesso e degli altri esseri viventi, come anche nei confronti del nostro pianeta, visto da James Lovelock come un organismo vivente (“ipotesi Gaia”), deve interessare tutti a prescindere dalle barriere geografiche e politiche; da qui il grido attivista di Battaglia che annunzia «uno sforzo coordinato di decisioni su scala mondiale» (p. 27), perché «la maggior parte dei nostri mali più gravi – la fame nel mondo, l’inquinamento, ecc. – sono problemi alla cui soluzione dovremmo sentirci tutti impegnati, essendovi ciascuno ugualmente coinvolto. Da qui un allargamento del concetto di responsabilità e, insieme, un approfondimento della nozione di dovere» (p. 26). Il pensare la comunità morale in direzione del tempo significa, invece, tenere a mente le generazioni future: essere responsabili nei confronti dei nostri figli, affinché il nostro esercizio morale possa attualizzarsi a trecentosessanta gradi.
Nella prospettiva bioetica la comunità morale è chiamata ad andare al di là della specie, alla luce della nuova visione del rapporto uomo-animale che si è andata ad elaborare nella cultura scientifica ed umanistica «grazie al contributo di discipline di confine come […] la zooantropologia, la zoosemiotica, variamente impegnate a sostituire a una visione discontinuista una concezione aperta e dinamica delle relazioni interspecifiche» (p. 29) e, alla luce di ciò, «un nuovo termine, specismo, è stato coniato (in analogia a razzismo e a sessismo) per caratterizzare quelle forme di pensiero che discriminano in base alla mera appartenenza alla specie» (ibid., corsivo mio).
In continuità con quanto scrive Battaglia alla conclusione del primo capitolo, possiamo ora passare al quarto, che ha come titolo Questioni di bioetica animale (p. 107), nel quale si mette in evidenza come la bioetica, ma la riflessione etica in generale, considera il rapporto uomo-animale ormai alla luce degli studi offerti dalla etologia, che accresce le nostre informazioni sulla vita animale. Alla luce di ciò, la domanda sorge spontanea: «come ripensare le nostre etiche tradizionali, ormai inadeguate rispetto alle informazioni scientifiche nel frattempo acquisite?» (ibid.). Ad accendere la miccia della questione della bioetica animale ci pensa anche John Rawls, nella misura in cui, in Teoria della giustizia, il filosofo discute sulla possibilità dell’applicabilità delle regole della giustizia sociale umana ai non umani. Su questa stessa scia si posiziona anche Norberto Bobbio, secondo il quale c’è «una possibile estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere umano, un’estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono eguali a noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire» (Destra e sinistra, Donzelli, Roma 1994, p. 133). Da qui sorge una presa di coscienza che innesca la caduta dell’idea moderna di animale-macchina, per cui gli animali non sono cose; dunque, sorge l’idea che anche gli animali hanno dei bisogni, e che hanno bisogno di cure; ed è per tale ragione che ad oggi sorge «un’attitudine di cura, in senso heideggeriano, verso i non umani, minacciati con noi, come noi» (p. 110).
La questione della giustizia animale trattata da Battaglia non può non riprendere anche le ormai ben note tesi di Peter Singer e Tom Regan; secondo il primo, «la caratteristica vitale su cui si fonda il diritto a un’eguale considerazione degli interessi è, […] con esplicito riferimento a Bentham, la sensibilità, ovvero la capacità di provare piacere e dolore, comune agli animali umani e non umani» (p. 115); il secondo, Regan, «rivendica l’estensione ai non umani della qualifica di “soggetti-di-una-vita”, titolari di diritti fondamentali. Regan si avvale di un’elaborata teoria dei diritti fondata sull’idea di valore inerente degli individui […] attribuibile a umani e non umani, indipendentemente dalla loro utilità e abilità, a prescindere quindi dal loro valore strumentale» (ibid.).
La questione dei diritti si estende anche al dibattito della bioetica ambientale, alla quale Battaglia dedica il capitolo intitolato Questioni di bioetica ambientale (p. 73). Con un occhio da storica della riflessione etica ed ecologica, Battaglia mette in evidenza come uno dei precursori di molte tematiche contemporanee fu lo storico francese Jules Michelet (1798-1874), che nei suoi scritti passa dal «riconoscimento del ruolo essenziale di ogni essere nella comunità di vita della Terra, all’appello alla responsabilità dell’uomo custode della natura fino all’estensione dei diritti agli animali e al mare. Come non ricordare, per limitarsi a un solo esempio, che è stato il primo a parlare di un “diritto del mare”, ovvero di un codice comune delle nazioni applicabile a tutti i mari, che regolarizzasse non solo i rapporti tra gli uomini ma anche quelli con gli animali?» (p. 91).
È evidente che sia il pensiero ecologico quel pensiero che gravita attorno alla questione della bioetica ambientale e ne alimenta le tesi; il punto di riferimento della riflessione della bioetica ambientale non è più la relazione tra gli uomini, ma tra essi e il loro ambiente. Si pensi alle riflessioni del pensatore norvegese Arne Naess, che fa passare dall’idea ormai discussa dell’uomo come «”pinnacolo della creazione” […] a quella [idea di uomo come] “cittadino biotico”, membro di una comunità mista, i cui interessi si intrecciano con quelli dell’intero ecosistema» (p. 79). Ma si pensi anche all’innalzamento che Edgar Morin riserva nei confronti della Ecologia, secondo il quale, quest’ultima è «”la prima scienza nuova”, la prima scienza che riesca ad affrontare il problema delle relazioni tra scienza e coscienza, fra umanità e natura vivente, al di fuori e al di là del pensiero semplificatore che, per lungo tempo, ci ha celato tali questioni vitali» (p. 75). La novità introdotta dall’ecologia è quella che supera l’idea di fondo delle scienze classiche, secondo le quali il loro oggetto deve essere isolato dal contesto, «mentre il punto di vista ecologico consiste nel percepire ogni fenomeno nella sua relazione con l’ambiente e nel comprenderne le interrelazioni» (ibid.).
Possiamo considerare Bioetica, per certi versi, come un libro diviso in due: da un lato si affrontano le questioni della nuova filosofia morale, e cioè l’estensione della riflessione etica al di là dei confini umani. Dall’altro lato si affrontano le questioni della bioetica medica, che pur sempre si affaccia alla dimensione della filosofia morale (anche se non in senso esclusivo ma co-esteso ad altri campi di ricerca come il diritto, la medicina, la visione religiosa, ecc.) ma rimane entro i confini di un’etica dei rapporti umani.
La bioetica cioè riflette anche sulla questione dei nuovi diritti, che sono rivendicati ormai da diversi anni. Per tale ragione, l’età della nostra civiltà (civiltà tecnologica), viene anche definita da Norberto Bobbio l’“età dei diritti” (si veda L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990), che «per la loro dinamicità intrinseca, si sviluppano e si specializzano man mano che la società cresce e si organizza: per questo sono aperti al progredire dell’umanità, nella sua storia» (p. 25). Quali sono questi diritti che vengono rivendicati e sui quali si è acceso un dibattito vario e complesso? Ecco che da Battaglia vengono messi in evidenza ed affrontati nella maniera più rigorosa e concisa possibile (per cui si evita la dispersione dell’analisi, data la complessità e l’intreccio delle più svariate tesi): tra le varie discussioni pensiamo ad esempio quella che riguarda il tema del testamento biologico, grazie al quale la persona può «esprimere la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe, o non desidererebbe, essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il suo consenso» (p. 59). Si pensi anche ai dibattiti sull’eutanasia e sul suicidio medicalmente assistito e, dunque, ai diritti che si rivendicano su di essi: «la prima [l’eutanasia] è un atto il cui obiettivo è anticipare la morte su richiesta della persona al fine di eliminare la sofferenza e, in questo senso, è inquadrabile all’interno della fattispecie più generale dell’omicidio del consenziente […Il secondo – il suicidio medicalmente assistito –] è un atto reso possibile dalla determinante collaborazione di un terzo – in genere un medico – ma compiuto nella sua fase finale dall’interessato stesso» (pp. 67-68).
In conclusione, possiamo dire che il testo di Luisella Battaglia ha il plus di mettere in evidenza gran parte del panorama della bioetica, includendo in questo modo anche le questioni ambientali e animali che in altre pubblicazioni vengono accantonate per portare in superficie soltanto le questioni più specifiche della bioetica medica, di frontiera e quotidiana, facendo ristagnare in questo modo la riflessione morale all’interno dei rapporti interumani.

(18 dicembre 2023)

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