A circa settant’anni di distanza dalla pubblicazione della seconda grande opera di Karl Jaspers, Von der Wahrheit (1947), compare oggi, con il titolo Della verità, la sua traduzione italiana, a cura di Diego D’Angelo e con testo tedesco a fronte. Dopo Filosofia (1932) e i cicli di lezioni Ragione ed esistenza (1935) e La filosofia dell’esistenza (1938), Jaspers si dedicò, infatti, alla delineazione di una Logica filosofica divisa in quattro parti – Della verità; Dottrina del metodo; Dottrina delle categorie; Dottrina della scienza – di cui pubblicherà in vita solo la prima parte (inclusa appunto in Von der Wahrheit), mentre le altre tre saranno raccolte nel Nachlass zur Philosophischen Logik, a cura dei suoi allievi Hans Saner e Marc Hänggi (Piper, München-Zürich, 1991, pp. 527). La prima traduzione parziale dell’opera, risultato della selezione di alcuni dei temi più significativi, comparve in Italia nel 1970 con il titolo Sulla verità, a cura di Umberto Galimberti (La Scuola, Brescia, 1970, pp. 295). In assenza di una traduzione integrale del testo, l’operazione editoriale compiuta da Bompiani si rivela di massima rilevanza per la ricezione del pensiero di Karl Jaspers nella sua complessità, soprattutto in riferimento alla sua fase matura, tuttora in parte sconosciuta.
L’edizione italiana si apre con il Saggio introduttivo del curatore, che compendia il testo con un’utile lettura dei suoi nuclei tematici più significativi, ricostruendo la genesi dell’opera e il suo sviluppo tematico. La vastità del progetto jaspersiano e la sua complessità concettuale si annunciano sin dalle prime pagine dell’introduzione, in cui Jaspers anticipa i caratteri, gli effetti e il compito generale che l’intera Logica filosofica si prefigge di realizzare. Una seconda Introduzione, specificamente preposta al primo volume, presenta le tre “domande metodiche” sull’essere, sul sapere e sull’esser-vero che ricalcano la tripartizione dell’opera nei capitoli L’essere dell’abbracciante, L’abbracciante della conoscenza, La verità.
L’organizzazione del volume si presenta come un “complesso sistematico”, la cui forma espositiva risulta particolarmente meticolosa. L’argomentazione jaspersiana assume un andamento complessivamente dialettico che si distribuisce in tutta l’ampiezza dell’opera, e richiede pertanto l’attenzione e la costanza di una lettura lenta, che acquisisce coerenza soltanto al termine di ogni sezione. Nonostante l’esigenza sistematica dell’argomentazione, il testo non si presta facilmente a una ricostruzione schematica: come Jaspers precisa nella prima Introduzione, la “ragionevolezza sistematica” della Logica filosofica “non diventa mai un sistema della ragione” (p. 23), ma sollecita anzi a una “meditazione critica” (Pareyson), che si esprime, in ultima analisi, nella circolarità del pensiero filosofico “scettico” e “chiarificante”. Per questo motivo, un compendio orientativo delle argomentazioni più significative del testo si rivela quanto mai utile ad anticipare un percorso omogeneo a chi si approssima ad esso senza strumenti preliminari.
Nella prima parte dell’opera, L’essere dell’abbracciante, Jaspers sviluppa la cosiddetta “filosofia dell’abbracciante”, cioè la “speculazione metafisica” della Logik, da affiancarsi all’”etica di pensiero” di cui si fa carico l’intero percorso “meditativo”. Particolarmente indicati per la comprensione di questa sezione sono il primo capitolo, Schizzo preliminare dell’articolazione dell’abbracciante, in cui Jaspers traccia brevemente i passaggi fondamentali che il pensiero deve compiere per giungere alla formulazione della “periecontologia”, e i tre paragrafi del secondo capitolo, Chiarificazione delle modalità dell’abbracciante: A) L’abbracciante che noi stessi siamo o che possiamo essere, B) L’abbracciante che è l’essere stesso e C) Il nesso di tutte le modalità dell’abbracciante in noi: la ragione.
In questa prima parte, Jaspers distingue la sua “periecontologia” (dal greco “periechon”, ciò che “include senza includere” – come precisa D’Angelo nel suo Saggio, p. XXXIII) dall’ontologia e dalla metafisica tradizionali, come quella “dottrina” volta a enucleare le modalità dell’essere per noi, al fine di accogliere entro il pensiero lo sfondo incondizionato da cui trae origine ogni inclusione logicamente determinata. Si tratta, cioè, di “percorrere fino in fondo la via aperta da Kant” (Ragione ed esistenza, a cura di E. Paci, Bocca, Milano, 1942; trad. it. a cura di A. Lamacchia, Marietti, Casale Monferrato, 1971, p. 53), ossia di rintracciare nella fenomenicità dell’abbracciante che noi siamo l’“essere in sé” nelle sue modalità trascendentali. Ciò favorirebbe, secondo Jaspers, l’apertura degli “spazi” del trascendimento della ragione entro il pensiero etico-esistenziale guidato dalla Logica filosofica.
L’”abbracciante” – che, secondo Luigi Pareyson (Karl Jaspers, Marietti, Casale Monferrato, 1983, p. 186), rappresenta un concetto nuovo rispetto a Filosofia – è da intendersi come lo “spazio infinito” in cui ci vengono incontro tutti gli enti (cfr. G. Cantillo, Introduzione a Jaspers, Editori Laterza, Bari, 2002, p. 102), la cui “chiarificazione”, da parte della Logica filosofica, mostra l’inevitabile – ancorché occultante – obiettivazione nel pensiero e il conseguente annunciarsi dell’essere in sé e dell’esser-vero nel medium delle modalità del sapere universalmente valido della “coscienza in generale” (Bewusstsein überhaupt).
La scelta del curatore di tradurre “Umgreifendes” con “abbracciante” è chiarita in un’utile nota del Saggio introduttivo (p. XXXII), in cui è possibile accedere a un breve excursus sulla storia delle traduzioni italiane di questo concetto. Il carattere approssimativo delle diverse traduzioni comparse finora (tra queste, “essere onnicomprensivo”, “orizzonte circoscrivente”, “onniabbracciante”, “avvolgente”) è giustificato dall’assenza di una precisa corrispondenza nella lingua italiana. In realtà, il termine “abbracciante” traduce il sostantivo tedesco Umarmendes, mentre Umgreifendes significa letteralmente “ciò che afferra intorno” e ha il potere di condividere in maniera emblematica la stessa radice del verbo begreifen, come ad anticipare l’obiettivarsi dell’essere entro le modalità del pensiero e, al tempo stesso, la necessità di un suo superamento. Quindi, laddove ciò non comprometta la comprensione del testo, sarebbe consigliabile mantenere l’originale Umgreifendes, senza rischiare di perdere la carica evocativa di quest’espressione specificamente jaspersiana.
Nella teoria dell’abbracciante, Jaspers mostra come le prime tre modalità dell’abbracciante che noi siamo – l’esserci, la coscienza in generale e lo spirito – si risolvano nella loro coappartenenza reciproca entro l’immanenza dell’esser-mondo pensato dalla coscienza; l’esistenza, invece, vale a dire “l’abbracciante dell’esser-uomo” e dell’”esser-se-stessi”, si sottrae a una conoscenza logica acquisita, aprendosi all’alterità della “realtà effettiva trascendente”, ovvero alla possibilità radicale di divenire “effettivamente reale” oppure di “perdersi”. A tale dinamica è sotteso un legame inscindibile tra l’esistenza e la ragione, motore della Logica filosofica e nesso di tutte le modalità dell’abbracciante, che ha il compito di rovesciare la forza negativa dell’intelletto in vista della coscienza dell’unica verità. Come osserva D’Angelo, l’esercizio d’autocoscienza della ragione, di cui la Logica filosofica è “organon”, s’inscrive in quest’opera in un più equilibrato livellamento con l’esistenza rispetto alla speculazione degli anni precedenti, consentendo d’identificare l’analisi jaspersiana come una “filosofia della ragione logica” (Saggio introduttivo, p. XXIV). La Logica filosofica è, infatti, “assegnata alla ragione come la chiarificazione dell’esistenza è assegnata all’esistenza” (p. 241): la spinta della ragione verso l’Uno diviene condizione della chiarificazione dell’esistenza, la quale necessita, ora, di riposizionarsi criticamente entro un pensiero logico-filosofico sistematicamente ordinato. In tal senso, è il movimento di cui si fa carico la ragione a permettere a Jaspers di approfondire la via critica kantiana, attraverso il tentativo di mostrare l’origine trascendente degli “spazi” del pensiero oggettivo (analizzati poi, in modo specifico, nella Dottrina delle categorie raccolta nel Nachlass).
La seconda parte dell’opera, L’abbracciante della conoscenza, è interamente dedicata alla chiarificazione dell’abbracciante del pensiero, cui spetta priorità nella trattazione logica delle modalità dell’abbracciante. Particolarmente indicativi per seguire l’analisi jaspersiana sono i primi tre paragrafi, 1) La coscienza in generale nelle sue separazioni fondamentali, 2) Concetto e giudizio e 3) Il movimento della conoscenza, i cui esiti sono il risultato di un approfondimento dei passaggi tracciati nella prima parte e un’anticipazione delle argomentazioni che Jaspers svilupperà nella terza e più ampia parte dell’opera.
Secondo Jaspers, il pensiero è l’“essenza onnipervasiva” dell’uomo, poiché “porta a coscienza ciò che è per noi” (p. 451), rendendo possibile il passaggio dal sapere irriflesso al sapere riflessivo della “chiarificazione delle origini”. Tuttavia, l’irriducibilità dell’essere al pensiero e la coscienza di tale “separazione fondamentale” (Grundspaltung) conducono il sapere ai suoi limiti e al “salto trascendente” dall’immanenza dell’esserci empirico alla trascendenza dell’esistenza. La chiarificazione dei limiti trascendentali della coscienza in generale dà la misura con cui l’io cresce con la profondità del suo conoscere: il “primato del pensiero” è superamento dell’intelletto da parte della ragione, che mostra la “provenienza” dell’oggetto-saputo dall’origine-abbracciante di noi stessi, consentendo l’accesso al “pensiero esistenziale autentico”, cioè all’essere e alla verità dell’abbracciante che e in cui noi siamo. Per mezzo del giudizio, colui che pensa esperisce “la responsabilità del suo legame con l’essere”, ossia la decisione per la verità nella libertà. Il pensiero e la conoscenza, anziché presiedere alla formulazione di una verità universalmente valida, si fanno così espressione di una “prassi pensante” posta oltre la validità dell’asserzione, ossia nella risolutezza dell’esistenza che si esprime nella volontà di divenire realmente se stessi attraverso la comunicazione. In tale prospettiva, l’oggetto parla il linguaggio della trascendenza, divenendo “cifra” e “signum” per l’esistenza nel suo esercizio dialogico. A farsi oggetto di dialogo non è, dunque, la validità oggettiva di una verità riconosciuta universalmente, bensì la verità della singola esistenza, che è identità con l’origine-abbracciante di noi stessi, espressione della “scrittura in cifre” della trascendenza, di cui dovrà imparare a rendere conto la filosofia come Logica filosofica.
La nozione di verità trova infine la sua specifica trattazione nella terza parte dell’opera, La verità, in cui l’indagine intende “ricominciare ancora una volta dall’inizio”, inoltrandosi meticolosamente “nelle modalità del senso dell’esser-vero e nel loro movimento, senza presentarle affatto come verità contenutistiche” (p. 905). Nonostante il dilungarsi a volte eccessivo dell’argomentazione su questioni già ampiamente dibattute, la lettura del testo jaspersiano sorprende spesso con innovazioni concettuali di profonda complessità, indispensabili per la comprensione dell’intero percorso filosofico tracciato. Volendo soffermarsi su alcuni dei punti più significativi di questa sezione, occorre segnalare come nei primi due capitoli, Verità e falsità e Le figure dell’esser vero, la distinzione delle “fonti” e delle “figure” mediante le quali la verità si annuncia, occultandosi nelle condizioni del pensiero, divenga funzionale al disvelarsi della verità propriamente detta, ossia la verità come “convinzione esistenziale”. Come Jaspers anticipava nella prima delle due introduzioni poc’anzi citate, la verità è da intendersi come una “via” storica ed esistenziale, di cui la Logica filosofica s’impegna a preparare il terreno in vista del suo disvelamento nel tempo.
L’apertura degli spazi dell’abbracciante e il fallimento del sapere vincolante conducono al compimento della verità al di fuori dalla certezza logica del pensiero, ossia nel “rivelarsi a sé” dell’esistenza, che, nell’esser se stessa, è necessariamente in comunicazione con l’altro. Con ciò Jaspers intende ricollocare l’infinito compito di “divenire se stessi” nella comunicazione razionale tra singoli individui e nella “lotta amorosa” guidata dalla ragione. Come Jaspers precisa nella sua Autobiografia filosofica (trad. it. a cura di E. Pocar, Morano, Napoli, 1969, pp. 127-128), il compito della Logica filosofica assume, in ultima istanza, il senso di rendere l’uomo cosciente del mezzo esistenziale della comunicazione, in vista della costituzione della verità nella storicità dell’esistenza. A questo punto, la ragione, l’amore e la lettura filosofica della “scrittura in cifre” dell’esistenza di fronte alla trascendenza divengono gli strumenti del compimento e della fondazione della verità nel filosofare, di cui l’ultimo capitolo, Il compimento dell’esser-vero, offre una definitiva chiarificazione.
Tutto ciò spiega perché, in ultima istanza, l’infinito compito esistenziale inscritto nel movimento del pensiero filosofico tracciato da Jaspers non intenda fornire prescrizioni particolari, né presentare la realtà “effettiva” che condiziona l’esserci empirico dell’uomo, garantendo, a tal riguardo, la formulazione di risposte risolutive; il suo scopo è, infatti, solo quello di risvegliare, di rendere attenti, di mostrare vie e “portare avanti per un tratto”, rendendoci “pronti e maturi per esperire l’estremo” (p. 2105). Un compito dunque che, sebbene in modo incoativo, si estende all’ampiezza stessa dell’Umgreifende, nel suo sfondo insieme trascendente e trascendentale.