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58. Recensione a: Edmund Husserl, Fantasia e immagine, a cura di Claudio Rozzoni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2017, pp. 346. (Marco Cavallaro)

Fantasia e immagine raccoglie le fonti principali per la comprensione della filosofia husserliana dell’immagine. La preoccupazione nei confronti dell’elaborazione di una teoria fenomenologica degli atti intuitivi, di cui quelli immaginativi ne sono un esempio assieme ai vissuti di ricordo ed empatia, ha iniziato ad occupare Husserl sin dagli anni Novanta dell’Ottocento. Se le sei Ricerche Logiche pubblicate nel 1901 si concentrano sullo studio del significato e dei rispettivi atti della coscienza significante o atti conoscitivi, le esperienze immaginative rappresentano per Husserl un ambito a sé stante di indagine. Tra queste figurano in particolare l’esperienza di fantasia e la coscienza d’immagine. Entrambe sono per Husserl un tipo di esperienze intuitive, e quindi non concettuali (begrifflich), che però esibiscono tra loro un rapporto di fondazione. Gli atti conoscitivi si fondano sugli atti intuitivi di modo che, in termini fenomenologici, l’analisi della coscienza di significato ha come presupposto l’analisi della coscienza intuitiva. Lo studio delle esperienze immaginative si articola perciò in Husserl all’interno del progetto più ampio di una “fenomenologia della ragione”.
Il volume contiene una selezione di testi composti da Husserl sul tema dell’immaginazione che ricalca esattamente quella del curatore della versione tedesca, Eduard Marbach, pubblicata nel 2006 per la casa editrice Meiner. Entrambi i volumi costituiscono a loro volta una selezione di manoscritti e lezioni sulle tematiche del ricordo, della fantasia e della coscienza d’immagine, le quali furono pubblicate per la prima volta in edizione critica nel 1980 come XXIII volume delle opere di Husserl, Husserliana. Gesammelte Schriften Edmund Husserls. Si tratta di una scelta di testi intelligente e azzeccata che permette non solo di farsi un’idea concreta sui vari aspetti della fenomenologia dell’immaginazione di matrice husserliana, ma anche di ripercorrere le tappe di un itinerario di pensiero, magistralmente descritto nell’introduzione al volume italiano dal curatore e traduttore Claudio Rozzoni (pp. XIX-LXI), che non sempre ha avuto quella continuità e sistematicità rintracciabile in altri filosofi dell’immaginazione, quali ad esempio Aristotele e Hume – entrambi interlocutori critici delle riflessioni husserliane su questo tema (cfr. pp. 258 sgg.).
Ad occupare buona parte del volume (pp. 3-128) è il testo manoscritto di Husserl che riporta la terza sezione delle lezioni sui “Lineamenti fondamentali di fenomenologia e teoria della conoscenza”. Si tratta di un corso universitario tenuto da Husserl a Gottinga nel semestre invernale 1904/05. La prima e la seconda sezione di queste lezioni sono state recentemente tradotte in Italia a cura di Andrea Scanziani e Paolo Spinicci in un volume di Mimesis intitolato Percezione e attenzione (2016). Come già preannunciato dal titolo generale delle lezioni, le analisi husserliane sui vissuti immaginativi prendono spunto da quesiti prettamente epistemologici. In tal senso occorre però far notare che il significato del termine epistemologia (Erkenntnistheorie) in Husserl differisce dall’uso comune in ambito filosofico e in particolare dalla sua accezione kantiana o neokantiana. L’epistemologia fenomenologica husserliana intende ricercare le condizioni di possibilità dell’esperienza nell’esperienza stessa e non in un soggetto distaccato dal mondo oppure in un essere in sé al di qua o al di là di ogni esperienza. Il suo compito fondamentale consiste perciò nella classificazione delle tipologie di atti e nell’enucleazione delle loro caratteristiche essenziali o eidetiche.
Le lezioni del 1904/05 lasciano intravedere il lascito brentaniano della teoria husserliana dell’immaginazione. Durante il suo soggiorno viennese nella metà degli anni Ottanta dell’Ottocento, Husserl rimase infatti colpito da un corso di lezioni del filosofo austriaco Franz Brentano che riportavano il titolo “Questioni scelte di psicologia e di estetica”. La concezione husserliana dei fenomeni di immaginazione rimarrà dunque sempre imperniata attorno al concetto (brentaniano) di intenzionalità. Bisogna precisare però che questo concetto aveva subito una rielaborazione negli anni che precedono la pubblicazione delle Ricerche Logiche, così come nella Quinta Ricerca. Fondamentale diviene qui la distinzione tra apprensione e contenuto dell’atto. È naturale quindi per Husserl che l’analisi dell’atto di fantasia prenda spunto proprio da tale distinzione.
A tale proposito occorre prevenire il lettore che per la prima volta si appresta alla lettura dell’opera husserliana, a proposito di una fondamentale duplicità del concetto di immaginazione in Husserl. Immaginazione è un termine generale che racchiude in sé due tipi di esperienze fenomenologicamente distinte. Da una parte si tratta del fenomeno della coscienza d’immagine, ovvero l’esperienza che ognuno di noi compie osservando un’immagine (quadro, fotografia, immagine cinematografica ecc.). Dall’altra, col termine immaginazione Husserl si riferisce anche alle esperienze di fantasia propriamente dette, le quali non necessitano di un supporto immaginativo, ma scaturiscono per così dire dalla volontà libera del soggetto. Se in questo momento mi immagino un elefante rosa entrare nella mia stanza, sto vivendo per Husserl un atto di fantasia “pura” non motivato da alcun elemento del mio campo percettivo attuale. Se invece il mio immaginare lo stesso elefante è suscitato da un quadro appeso alla parete, allora l’esperienza è quella di una coscienza d’immagine.
La distinzione tra apprensione e contenuto dell’atto serve a Husserl per individuare tipologie all’interno della sfera degli atti immaginativi così come nella sfera degli atti in generale. La coscienza d’immagine si distingue quindi dalla fantasia pura per la presenza di una triplicità di contenuto e, correlativamente, di apprensione (pp. 23 sgg., 217). Osservando ad esempio una fotografia in bianco e nero della Teologia di Raffaello (p. 53; cfr. anche l’esempio della fotografia di un bambino a p. 23) l’atto rappresentativo e le apprensioni corrispondenti intenzionano tre oggetti. Innanzitutto è percettivamente presente la cosa-immagine fisica (Bildding), la fotografia appesa alla parete. Come qualsiasi altro oggetto del campo percettivo, anche la fotografia ha una certa forma, dei colori e linee sulla sua superficie che, in quanto appresi solamente nella percezione, non rinviano a nulla, costituiscono semplici qualità cromatiche della cosa fisica. A questo stadio l’oggetto non è ancora colto come immagine, ma rappresenta il “sostrato dell’immagine” (p. 220). A tal fine occorre un nuovo tipo di apprensione che, per così dire, reinterpreti (umdeuten) il contenuto già dato a livello percettivo, in senso immaginativo. I colori e le linee rappresentano ora qualcosa, nel senso specifico del termine che significa un rimandare-a, un indicare-verso qualcosa d’altro. Il qualcosa d’altro è precisamente quello che Husserl chiama “sujet-immagine” (Bildsujet) ovvero, in questo caso, l’affresco di Raffaello che si trova nella Stanza della Segnatura nei Musei Vaticani. Il riferimento della cosa-immagine fisica al sujet-immagine non è però, come nel caso della coscienza simbolica del segno, il prodotto di una “convenzione”, “un qualcosa di specifico arbitrariamente stabilito” (p. 63). La cosa-immagine fisica rinvia al sujet-immagine in virtù di un terzo elemento che fa come da tramite fra i due. Husserl chiama questo trait d’union precisamente “oggetto-immagine” (Bildobjekt). Se nella rappresentazione percettiva della cosa-immagine vedevo solamente colori e linee su di una superficie piana, grazie all’intervento della fantasia posso cogliere ora la figura di una donna dalle dimensioni maestose con a lato due pupazzetti dalle fattezze d’angelo. L’oggetto-immagine è dunque un oggetto fantasticato, un fictum non reperibile nel contesto del mio campo percettivo.
Una delle questioni fondamentali della fenomenologia husserliana dell’immaginazione riguarda proprio lo statuto del fictum nelle rappresentazioni di fantasia. L’oggetto immaginativo, ovvero tanto l’oggetto-immagine della coscienza d’immagine quanto l’oggetto della fantasia pura (l’elefante rosa nell’esempio di cui sopra), “è un qualcosa […] che non è mai esistito e che mai esisterà, e che naturalmente, nemmeno per un istante ha per noi valore di realtà” (pp. 23 sg.). Esso, continua Husserl, “non esiste veramente”, “non possiede un’esistenza al di fuori della mia coscienza”, “non la possiede nemmeno all’interno della mia coscienza; esso non possiede affatto esistenza” (pp. 26 sg.), è propriamente un “Nichts” come recita il testo tedesco originale.
Ma a decidere per così dire dell’esistenza o inesistenza di un oggetto (o, meglio, se l’oggetto è appreso come esistente o meno) è una particolare modalità interna dell’apprensione che Husserl chiama, rifacendosi a Hume, carattere del belief (credenza, Glauben) o della posizionalità (Stellungnahme). La teoria della posizionalità intenzionale trova le sue radici nella concezione dell’intenzionalità sviluppata da Husserl al tempo delle Ricerche Logiche. In quell’opera venivano considerate tre modalità posizionali: l’oggetto viene posto come realmente esistente, come non-esistente o non viene posto affatto. I primi due atteggiamenti hanno in comune il fatto di operare una presa di posizione a proposito dell’essere (o non-essere) dell’oggetto intenzionale. La terza modalità, che Husserl chiamerà nelle Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913) “modificazione di neutralità”, si caratterizza per il fatto di astenersi da ogni tipo di posizionalità positiva (essere) o negativa (non-essere). Nell’atteggiamento cosiddetto “neutrale” (p. 254) il momento posizionale dell’apprensione non si traduce in attualità, viene dunque inibito. Questa inibizione gioca un ruolo fondamentale nella comprensione di quella che Husserl chiama “fantasia iconica”, ovvero la coscienza immaginativa in gioco nell’apprensione di opere d’arte (dipinti, spettacoli teatrali, ma potremmo forse aggiungere anche film e altre performance artistiche). A questo proposito il fenomenologo ricorre al termine Perzeption, un neologismo per la lingua tedesca che il traduttore sceglie giustamente di rendere con la parola latina perceptio (cfr. l’utile “Nota terminologica” alla fine del volume). La perceptio costituisce dunque una percezione priva del momento del belief e descrive accuratamente quell’esperienza per cui, osservando persone compiere gesti e mimiche sopra un palcoscenico, siamo direttamente proiettati nel mondo fantastico di un Macbeth. Davanti ai miei occhi vedo il conte di Cawdor uccidere Banquo, non due attempati signori litigare senza un motivo apparente. Si tratta di una percezione nel senso di perceptio ma non di Wahrnehmung, dato che il momento del “prendere-per-vero” (Für-wahr-Nehmen) rimane sospeso. In questo modo, chiarisce Rozzoni, “[n]ei ficta conformi alla perceptio, quali quelli che l’arte ci presenta, la fantasia è infatti all’opera prima che ciò che si manifesta conformemente alla perceptio possa essere preso-per-vero” (p. XLIX).
Dall’altro lato Husserl si renderà però conto nel corso del tempo che il suo concetto di posizionalità necessita di un approfondimento fondamentale. La motivazione di ciò è da ritrovare nella sua comprensione di quel tipo di posizionalità che è propria delle esperienze di fantasia pura. In questo caso, come già accennato, non vi è alcun sostrato che motiva e supporta l’esperienza immaginativa come accade per la coscienza d’immagine o per la fantasia conforme alla perceptio (perzeptive Phantasie). Si tratta del problema di determinare la tipologia del momento posizionale che è proprio della fantasia pura in quanto coscienza immaginativa priva di ogni sostrato percettivo. Non si può parlare qui infatti di modificazione di neutralità dato che anteriormente non c’è nessuna posizione d’essere o non-essere che richiede di essere modificata e quindi inibita. I ficta della fantasia sono sì da considerare un puro “niente”, ma solo fino a quando l’essere e non-essere vengono giudicati sulla base della percezione (Wahrnehmung). Se fossero effettivamente un nulla non si capirebbe per quale motivo è possibile parlare di mondi fantastici come quelli delle fiabe, della letteratura, del teatro o del cinema –mondi che esibiscono una validità (Geltung) a livello intersoggettivo e non costituiscono perciò il mero prodotto della mente di un solo individuo. In tal senso si può intravedere nei manoscritti di Husserl posteriori alle lezioni del 1904/05, che comprendono il periodo 1904-1924, una revisione del concetto di posizionalità che lo conduce a postulare l’esistenza di una quarta modalità posizionale oltre alle tre sopra elencate. Si tratta della quasi-posizionalità del “come-se” (als-ob) che non può essere intesa come mera modificazione di neutralità, ma a cui compete un ambito di posizionalità a sé stante. Se torniamo all’esempio della fantasia di un elefante rosa che entra nella mia stanza, è chiaro che nessuna posizionalità in senso stretto sta avendo luogo. L’atto immaginativo che sto compiendo non pone l’esistenza dell’elefante, ma non la nega neppure. Si potrebbe dire che il mio atteggiamento è neutrale nei confronti della posizionalità d’essere dell’oggetto immaginato. Tuttavia, ciò non è corretto dato che la modificazione di neutralità implica che all’inizio del mio fantasticare io stesso abbia effettivamente compiuto una posizione d’essere o non-essere dell’elefante. Come afferma però Husserl nel passo già precedentemente citato, “nemmeno per un istante” ha per noi l’oggetto fantasticato valore di realtà. L’elefante mi appare come-se fosse effettivamente qui in questa stanza, la sua esistenza qui e ora è effettivamente posta, ma appunto soltanto nel modo del come-se.
Queste e molte altre sono le problematiche affrontate da Husserl in questi testi a cui finalmente può avere accesso il pubblico italiano grazie alla veramente pregevole traduzione di Rozzoni. Si tratta di analisi che non solo appassioneranno il lettore husserliano interessato a tracciare l’evoluzione storica e concettuale della fenomenologia husserliana dell’immaginazione, ma che in particolare costituiranno valevoli spunti di ampia profondità filosofica per coloro che venendo anche da altre discipline hanno a cuore i temi dell’immaginazione, della fantasia, della percezione estetica, dei film studies e dell’esperienza onirica.

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