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Discipline Filosofiche XXVI, 1, 2016: Ontologie fenomenologiche: individualità, essenza, idea, a cura di Simona Bertolini e Faustino Fabbianelli

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copertina-2016-1-fronte L’espressione “ontologia fenomenologica”, più che alludere a un campo di ricerca circoscritto, designa una costellazione di indagini che ha preso forma nella tradizione di pensiero inaugurata da Husserl. La direzione trascendentale seguita dalla filosofia husserliana ha certo contribuito a metterla in ombra, veicolando un’immagine della fenomenologia come istanza filosofica il cui asse si trova spostato verso gli atti del soggetto piuttosto che verso la decifrazione della sfera oggettuale. Del resto, sebbene la fenomenologia trascendentale non escluda affatto l’indagine ontologica (come dimostra la densa Sezione “Essenza e conoscenza eidetica” di Idee I), resta indubbio che lo sviluppo dell’ontologia sia destinato a mantenere un ruolo ancillare rispetto al contesto problematico in cui essa si radica, come dimostrerebbero tanto l’appiattimento del concetto di oggetto sulla nozione di noema quanto la determinazione del suo statuto in relazione alla soggettività costituente. Non è dunque casuale che la combinazione di fenomenologia e ontologia venga anzitutto sperimentata da autori che comprendono la propria formazione intellettuale come risalente al realismo fenomenologico delle origini: a quel clima culturale dei primi anni del Novecento radicatosi in particolare nei cosiddetti Circoli di Monaco e Gottinga, sulla scia del metodo e dello spirito filosofici inaugurati dalle Ricerche logiche husserliane, nonché testimoniati ed esemplificati dagli insegnamenti dello stesso Husserl e dalla figura di Adolf Reinach. È in questo contesto, dominato dall’invito a lasciar parlare le “cose stesse” al di là di qualunque riduzionismo, che giovani fenomenologi come Jean Hering, Roman Ingarden, Edith Stein e Hedwig Conrad-Martius si preparano a svolgere le loro analisi su un terreno dichiaratamente ontologico. Nonostante questo sostrato biografico e culturale, ove ci si chieda cosa si intende per ontologia fenomenologica e cosa accomuna i suoi esponenti, la risposta non può che rimandare ai testi dei singoli pensatori: al lettore ed interprete si profilerà in tal modo un quadro generale rappresentato da quella che abbiamo detto essere una costellazione di indagini, a cui si accompagnano, determinandola con più precisione, diversi modi in cui la pratica ontologica fonda e concepisce se stessa. Se il confronto con l’ontologia formale della Terza ricerca husserliana e il rifiuto di un’impostazione trascendentale in nome di un approccio realistico sono due tratti fondamentali che accomunano gli autori citati, differenti sono i termini entro cui essi ritengono che si possa e debba realizzare un tale assunto teorico. Indubbiamente il punto di partenza per questi fenomenologi è l’intento di scandagliare la dimensione oggettuale ed extra-coscienziale al fine di descriverne con rigore le strutture, i modi d’essere e – nell’ambito dell’ontologia materiale – le regioni specifiche; a mutare, tuttavia, è proprio la definizione di questa dimensione, a cui si lega una diversa concezione della stessa ontologia, dei suoi scopi e del suo modus operandi. A titolo esemplificativo basti qui citare l’evidente differenza che intercorre fra l’Ontologie sviluppata da Roman Ingarden, concepita come analisi a priori del contenuto d’idee sulla scia della definizione husserliana di scienza eidetica, e il cammino di pensiero di Edith Stein, il cui metodo giunge a fondersi con le categorie della filosofia medievale e in cui l’ontologia, così condotta, non teme di riacquisire il suo tradizionale spessore metafisico. Vi è tuttavia un Leitmotiv privilegiato che contraddistingue ogni ontologia fenomenologica propriamente detta, anch’esso in linea con le originarie indicazioni di Husserl, specificamente con le tesi espresse nella Seconda ricerca: l’indiscussa rilevanza di nozioni come quelle di eidos, idea ed essenza. Quest’affermazione si presta a più livelli di verifica e può essere accolta per diverse ragioni: in primo luogo, perché le ontologie più aderenti al dettame husserliano presuppongono l’“ideazione” come punto d’inizio e conclusione del proprio procedere, ossia la trasposizione dell’oggetto “in idea” e la sospensione di giudizio circa la sua eventuale esistenza (è in particolare il caso di Ingarden). In secondo luogo – e soprattutto – perché un’ontologia fenomenologica, non importa quale sia la stratificazione e l’interpretazione conclusiva del suo terreno, presuppone sempre una Wesensschau, uno sguardo rivolto a strutture essenziali, il che va di pari passo con l’ammissione di tali strutture nel suo apparato contenutistico (oltre che metodologico). Sia che la realtà degli oggetti individuali venga considerata “fra parentesi” oppure reinvestita del suo valore metafisico-esistenziale, essa è presentata come la base di un’architettura ontologica che trova nelle essenze e nella dimensione ideale i momenti determinanti della sua articolazione. Ciò conduce infine a un’ulteriore accezione in cui si mostra la centralità di questi momenti, nella misura in cui essi possono diventare l’oggetto di vere e proprie Ideen- und Wesensontologien, di ricerche dirette a chiarire e a differenziare il significato delle nozioni di essenza e idea attraverso uno scavo squisitamente formale in relazione alla loro compagine specifica e al rapporto che le lega all’individualità. La matrice fenomenologica offre in tal caso gli strumenti per indagini rivolte alle condizioni oggettuali della stessa visione eidetica, ampliando così l’orizzonte tematico della fenomenologia e congiungendolo alle antiche questioni della metafisica classica. Un momento fondamentale di questa discussione è rappresentato dalla pubblicazione nel 1921, sullo “Jahrbuch” husserliano, del saggio di Jean Hering Bemerkungen über das Wesen, die Wesenheit und die Idee, il cui proposito è quello di definire le tre nozioni citate nel titolo, indagando con rigore sistematico un territorio già tematizzato da Husserl e Reinach, ma ancora in attesa di essere “mappato” nelle sue articolazioni intrinseche. Lungi dal rappresentare uno sforzo isolato, il trattato di Hering fornisce le coordinate per una serie di ricerche che saranno condotte da altri autori negli anni successivi e inaugura un dibattito che proseguirà assumendo vesti differenti riconducibili alla suaccennata policromia dell’ontologia fenomenologica. Ciò avviene talvolta mantenendosi sul terreno puramente formale proprio delle Bemerkungen heringhiane (pensiamo per esempio al contributo di Herbert Spiegelberg dal titolo Über das Wesen der Idee, pubblicato sullo “Jahrbuch” nel 1930), talaltra calando i risultati delle indagini formali in un sistema più vasto (è ancora il caso di Edith Stein, le cui riflessioni spaziano dalla metafisica all’antropologia, ma anche di Hedwig Conrad-Martius). Al di là delle differenze, il nome di Hering resterà un punto di riferimento ineludibile per ogni fenomenologo impegnato – più o meno analiticamente – nella determinazione dei concetti di essenza, idea, essenzialità o eidos. È dunque in questo solco di problemi che si colloca il presente fascicolo, nella zona di incontro fra due poli tematici: da un lato la circoscrizione del terreno proprio dell’ontologia fenomenologica, dall’altro la definizione di quella che possiamo generalmente chiamare la dimensione delle idee e delle essenze, che in tale ontologia riveste una posizione centrale. Partendo dall’approfondimento delle radici husserliane in rapporto alla concezione di eidos e Wesen, e concludendosi con un “viaggio” nella Realontologie della Conrad-Martius, il volume intende delimitare un territorio composito, fatto di domini eterogenei ma anche di dialoghi e contaminazioni: un territorio in cui l’apparato metodologico-concettuale della fenomenologia, soprattutto nel suo tendere un legame inscindibile fra individualità e universalità, contribuisce ad aggiungere un interessante capitolo alla storia di una direzione del pensiero antica quanto lo stesso filosofare.

Indice
(cliccando sul titolo si può leggere l’abstract) 
Simona Bertolini, Faustino Fabbianelli, Presentazione
Rochus Sowa, Eidos und A Priori: Husserls ontologische Konzeption des Apriori
Andrea Staiti, Lotze and Husserl on First and Second Generality
Giuliana Mancuso, Essenza, idea, conoscenza eidetica
Faustino Fabbianelli, Individualität und Allgemeinheit. Ein konfliktgeladenes Verhältnis der phänomenologischen Ontologie
Kimberly Baltzer-Jaray, Reinach and Hering on Essence
Daniele De Santis, Jean Hering on Eidos, Gegenstand and Methexis: Phenomenological Adventures and Misadventures of “Participation”
Simona Bertolini, Idea ed essenza nello sviluppo dell’ontologia di Roman Ingarden
Sarah Borden Sharkey, Edith Stein’s Use of Hering’s Wesenheit to Move through Phenome­nology to Metaphysics
Francesco Alfieri, Les influences de Duns Scot sur la pensée d’Edith Stein
Ronny Miron, In the Midst of Being: The Journey into the Internality of Reality in Hedwig Conrad-Martius’ Metaphysics

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