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172. Recensione a: Federico Avogadro, Ernst Cassirer, l’ultimo illuminista 1874-1945, Carocci, Roma 2024, pp. 302. (Giovanni Frascà)

Secondo quanto riportato da un articolo del New York Times del 20 aprile 1912, durante la notte fra il 14 e il 15 aprile i passeggeri del Titanic, che era in procinto di affondare, mantennero un portamento formale scandito dalla musica dell’orchestra e dalle conversazioni accompagnate dal fumo dei sigari; il tutto dava l’impressione di assistere alla recitazione di un dramma teatrale piuttosto che a una reale e imminente tragedia. La biografia intellettuale di Ernst Cassirer proposta da Federico Avogadro viene inaugurata con questo curioso riferimento giornalistico perché, secondo l’autore, è possibile tracciare un’analogia tra i passeggeri del transatlantico e Cassirer: i primi occuparono educatamente il proprio posto fino a che non fu troppo tardi, così come il secondo – primo rettore di origini ebraiche nella Germania del 1929 – esercitò egregiamente il suo ruolo sino al crollo della Repubblica di Weimar con l’ascesa di Hitler nel 1933. L’impegno che Cassirer esercitò nella ferma opposizione al regime nazista non interessò soltanto la politica: era necessario invertire il processo culturale che aveva portato alla vittoria dei totalitarismi, a sua volta causata dall’inedita «alleanza tra mito e tecnologia che ha dato forma al Novecento» (p. 12). Perciò, era compito della filosofia ritrovare il proprio ruolo cosmico, gettando luce sui pericoli che la componente mitica rappresentava sulla «totalità della cultura umana» (p. 13) sino alle sue forme più elevate, come la fisica e la matematica.
Lo studio intende quindi ricostruire l’intero arco dell’opera di Cassirer secondo la triplice chiave di lettura della critica trascendentale al mito nazista, del serrato confronto con la teoria della relatività di Einstein e, infine, dell’opera da storico della filosofia che segnò l’intera storiografia filosofica del XX secolo. Prendendo spunto dall’autobiografia intellettuale di Goethe Aus meinem Leben. Dichtung und Wahrheit – ritenuta da Cassirer nel saggio Goethe und die geschichtliche Welt un grande esempio del genere letterario – Avogadro ritiene lecito adottare il criterio metodologico dell’autore del Faust, usando come «perno per uno studio della vita il costante divenire della sua ricerca» (p. 13) qui declinato – attraverso una ripartizione in undici capitoli ricca di riferimenti agli studi critici (Ferrari, Holzhey, Schlipp) – in una “storia dell’elaborazione delle forme simboliche” (scienza, arte, linguaggio e mito) dagli anni di formazione della Scuola di Marburgo sino all’arrivo alla Columbia nel 1943.
Nato a Breslavia il 28 luglio 1874, Ernst è il quarto figlio di una ricca famiglia che darà i natali a industriali e commercianti d’arte. Il giovane Ernst dimostra sin dalla tenera età un’intelligenza e una propensione agli studi fuori dalla norma attestata dalla lettura integrale dell’opera di Shakespeare all’età di tredici anni (p. 18). Il padre, Eduard Cassirer, deciderà di iscriverlo all’Università di Berlino per studiare giurisprudenza, un percorso per il quale Ernst non mostrerà vivo interesse. Il primo incontro con la filosofia di Kant avverrà grazie alle lezioni berlinesi di Simmel e di Paulsen, ma è soltanto con l’arrivo a Marburgo nel 1896 che Cassirer subirà l’influenza dell’idealismo trascendentale promosso da Cohen e Natorp, secondo Avogadro, riassumibile sotto l’etichetta di un «realismo empirico» (p. 26). È giusto ricordare che sarà il metodo trascendentale fornito da Cohen a rappresentare il punto di partenza delle ricerche di Cassirer, il quale sostituì l’indagine sul fatto della scienza con «ogni possibile forma simbolica […] ed estendendo così di molto il raggio d’azione della critica trascendentale» (p. 31). D’altro canto, non va sottovalutata l’incidenza della logica relazionale di Natorp e «l’istanza di una morfologia della cultura» (p. 36) nell’elaborazione di una critica della cultura da parte del Cassirer “maturo”.
Sono immancabilmente Cohen e Natorp i punti di riferimento della tesi di laurea del 1899 dedicata rispettivamente a Cartesio e Leibniz: se il Descartes delle Regulae gioca un ruolo primario nella fondazione critica della scienza e «critico-idealistica della matematica» (p. 39) rinviando al factum della scienza kantiano, è solo con Leibniz che il sostanzialismo dogmatico dell’idealismo cartesiano farà spazio alla «completa trasposizione del dato in funzioni matematiche» (p. 40) rappresentando così la vera svolta nella scienza moderna. Nel 1901 il Sistema di Leibniz diventerà quindi un testo autonomo, nonché una «pietra miliare del neokantismo marburghese» (p. 42) volto ad ampliare la prospettiva di Natorp secondo cui Leibniz aveva fornito la piena realizzazione dell’idea di natura fondata sul concetto di legge: «la “sostanza” che ci appare nello spazio e nel tempo è cioè pensabile esclusivamente entro una struttura legale» (p. 42). Per Cassirer, Leibniz pose le basi della logica matematica moderna quale «logica generale delle relazioni» (p. 45) intravedendo nella matematica l’unica mediatrice tra i principi logici e la realtà naturale. Secondo Avogadro, è in questo testo che Cassirer pone le basi per «la sua originale concezione della filosofia trascendentale» (p. 46) conducendo l’idealismo logico alla completa immanenza fenomenica e preparando il terreno al funzionalismo di Sostanza e funzione e alla morfologia delle forme simboliche.
Concluso il ciclo dottorale, bisognerà aspettare il 1906 perché i primi volumi dell’Erkenntnisproblem (nella sua traduzione italiana, Storia della filosofia moderna) vedano le stampe. Com’è noto, il primo volume fu anche la sua tesi di abilitazione. Lo studio consiste in una ricostruzione storica della «completa risoluzione dell’oggetto nelle funzioni conoscitive che lo costituiscono: la trasformazione categoriale dal concetto di sostanza al concetto di funzione» (p. 59). La continuità di intenti con Sostanza e funzione del 1910 non è un caso: il testo doveva infatti essere un’appendice all’Erkenntnisproblem ma, in vista del continuo confronto con i Principi della matematica di Couturat e il sostanzialismo filosofico di Russell (pp. 66-72), assunse una fisionomia autonoma. Qui Cassirer delinea il proprio «idealismo logico-formale» (p. 75) conferendo «una nuova intelaiatura all’idea che universali e particolari, concetti e intuizioni, leggi e individui debbano essere concepiti come un’unità inscindibile di invarianti e variabili, cioè come relazioni» (p. 75). Riprendendo quanto sostenuto nelle pagine dedicate a Kant nel secondo volume dell’Erkenntnisproblem, Cassirer comprende che il fulcro della svolta critica risiede nella trasformazione di spazio, tempo e categorie da oggetti a funzioni imprescindibili per la conoscenza (p. 76).
Gli anni che vanno dal 1910 al 1918 vedono Cassirer nel pieno dell’attività intellettuale attraverso la curatela dei Nuovi saggi sull’intelletto umano di Leibniz nel 1915, la pubblicazione di Libertà e forma nel 1916 e il celebre saggio Vita e dottrina di Immanuel Kant nel 1918. Il testo del ’16 intende far fronte alla crisi culturale tedesca comportata dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale «assumendo la storia spirituale della Germania come un fatto storico-culturale» (p. 91) al quale contrapporre lo spirito cosmopolita «ispirato alla pace perpetua» (p. 92) possibile grazie ad una politica «pratico-regolativa» (p. 93). Spirito che Cassirer intravide nella complessa nascita della Repubblica di Weimar, la quale si erse sulle macerie del primo dopoguerra grazie ad «un’intesa momentanea e contraddittoria tra socialismo e spinte autoritarie e attraversata da forti pulsioni antisemite» (p. 149).
È nel 1919 che Cassirer otterrà la tanto ambita carica di professore di filosofia all’Università di Amburgo, riceverà numerosi riconoscimenti e comincerà a dedicarsi alla Filosofia delle forme simboliche. L’obbiettivo teorico dell’opera composta da tre volumi – dedicati al linguaggio, al mito e alla fenomenologia della conoscenza – sta nel «comprendere lo sviluppo della “concreta totalità dello spirito” come una pluralità di forme simboliche» (p. 159) ricercando il generale e fondamentale principio, presupposto da un’attività originaria, sul quale si fondano i contenuti della civiltà. Ribadendo il «prospettivismo categoriale» (p. 161) esposto nel saggio del ’21 dedicato alla teoria della relatività – il sesto capitolo della biografia ne ricostruisce le tematiche fondamentali e il successivo confronto con Schlick e Reichenbach (pp. 121-146) – Cassirer afferma la natura essenzialmente simbolica di ogni sistema categoriale sulla scorta della leibniziana characteristica universalis. Ad ogni modo, come sottolineato da Avogadro, Hegel è l’autore al quale bisogna fare riferimento per comprendere a pieno gli intenti dell’opera: l’esplicita opposizione al metodo dialettico dell’idealismo assoluto espresso nella Scienza della logica non impedisce a Cassirer di far propria la nozione di «totalità concreta dello spirito» (p. 155) della Fenomenologia, ora unita al pluralismo relativistico dell’epistemologia eretta sin da Sostanza e funzione e alla necessaria indagine sui fondamenti trascendentali della pluralità dei sistemi categoriali (su questi aspetti cfr. pp. 149-169). Come sostenuto dallo stesso Cassirer, i risultanti che concernono lo studio del mito e la storia generale delle religioni – contenuti nel secondo volume della Filosofia delle forme simboliche – si devono alla consultazione delle opere contenute nella Biblioteca Warburg.
Accomunati dalla difesa della Repubblica di Weimar, dall’appartenenza alla comunità ebraica e dall’interesse per la simbolica, Aby Warburg e Cassirer stringeranno un rapporto di profonda influenza intellettuale di cui Mito e linguaggio del 1925 e Individuo e cosmo nella filosofia del rinascimento del 1927 sono chiari esempi. La Biblioteca Warburg sarà a tutti gli effetti «l’insenatura ideologica e culturale in cui Cassirer sceglierà di collocarsi nel difficile quadro della Germania dell’epoca» (p. 184) e di cui faranno parte studiosi di alto calibro come «gli storici dell’arte Erwin Panofsky e Gustav Pauli, il filologo Karl Reinhardt, lo storico Richard Salomon e lo studioso di lingue orientali Hellmut Ritter» (p. 188). Lo stesso Panofsky concilierà la prospettiva di Cassirer con la propria attraverso la pubblicazione della Prospettiva come forma simbolica del 1927 e gli Studi di iconologia del 1939 (pp. 197-198).
Gli anni che anticipano il rettorato all’Università di Amburgo vedono l’apice della partecipazione politica di Cassirer: ricordiamo qui la firma alla petizione a sostegno della Repubblica nel 1925 assieme ad Einstein, Natorp, Meinecke, Troeltsch e Weber (p. 200) e il celebre discorso del 1928 su L’idea di costituzione repubblicana tenutosi in apertura delle celebrazioni per l’anniversario della Repubblica. La nomina a rettore nel 1929 – anno della pubblicazione del terzo volume della Filosofia delle forme simboliche e della conferenza di Davos, a cui è dedicato il nono capitolo (pp. 205-233) – avverrà sullo sfondo squadrista che dominerà gli anni Trenta del Novecento e col quale Cassirer dovrà tristemente fare i conti sino all’esilio del 1933. La «sterminata pletora di monarchici, nazionalisti di stampo conservatore e nazionalsocialisti» (p. 235) che si oppose alla Repubblica dentro e fuori dall’Università crebbe di pari passo con le ricerche di Cassirer in ambito etico-politico e con la difesa del diritto naturale contrapposta alle teorie della dittatura di Carl Schmitt, al giuspositivismo di Hans Kelsen e alla dottrina marxista. Come sottolineato a più riprese nel corso della biografia, le posizioni politiche di Cassirer otterranno sempre meno consensi e, complice la drammatica crisi economica imperante in tutta la Germania, è solo questione di tempo perché si assista all’ascesa del nazismo e Cassirer sia costretto ad abbandonare Amburgo per non fare più ritorno.
Gli anni tra Oxford, Göteborg, Yale e la Columbia sono piuttosto prolifici: ricordiamo soltanto Determinismo e indeterminismo nella fisica moderna nel 1936, i saggi Sulla logica delle scienze della cultura nel 1942, il Saggio sull’uomo del 1944, gli appunti relativi al quarto volume della Filosofia delle forme simboliche, il quarto volume dell’Erkenntnisproblem e Il mito dello stato, pubblicati postumi. Quest’ultima opera, pubblicata senza la revisione finale dell’autore, sintetizza e aggiorna il secondo volume della Filosofia delle forme simboliche dedicando ampio spazio alle «origini dei moderni miti politici e la loro effettiva attualità» (p. 257). Il saggio è un’ulteriore occasione per indagare la componente mitica della politica novecentesca, la quale affonda le proprie radici nella seconda metà dell’Ottocento – nelle teorie di Carlyle, Gobineau e Hegel (p. 258) – tentando di fornire dei nuovi mezzi critici che possano «andare a demistificarla dall’esterno, nella sua struttura simbolica e nella sua funzione tecnico-politica» (p. 268). È dunque compito perenne del filosofo «liberarsi dal gioco della magia e del potere, di uscire cioè dallo stato di minorità del mito» (p. 268) attraverso una filosofia paladina della ragione e del cosmopolitismo. Per Ernst Cassirer, essere gli ultimi illuministi in un mondo in rovina significa impersonare uno «stoicismo idealistico e disincantato, consapevole che il reale dovrebbe sì essere razionale ma, nei fatti, la ragione non è che un punto ideale a infinita distanza» (p. 268).

(21 giugno 2024)

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