lunedì , 3 Febbraio 2025
Ultime notizie

193. Recensione a: Alice Barale, L’arte dell’intelligenza artificiale: parole-chiave filosofiche, Jaca Book, Milano 2024, pp. 220. (Efrem Trevisan)

L’intelligenza Artificiale è ormai una presenza familiare nelle nostre vite. Nonostante questa crescente familiarità, la modalità con cui rapportarsi con essa risulta problematica: come nota Yuval Noah Harari, molte persone tendono a considerare la IA un oracolo a cui affidare le proprie scelte; altre, invece, vedono in essa una semplice entità stocastica che deve essere subordinata alla volontà umana. Il libro di Alice Barale – ricercatrice presso il Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’Università di Milano – affronta questo argomento partendo da un punto di vista inusuale, quello dell’estetica. La tesi sostenuta è «che l’arte possa rappresentare un esempio di interazione con la IA in cui il soggetto non ne sia succube, ma riesca a mettersi davvero in gioco» (p. 20). Per avvalorare questa posizione, l’autrice analizza l’impatto che la IA ha avuto su cinque concetti filosofici: Opera, Autore, Tempo, Memoria e Umano.
La trattazione di Barale inizia con la presentazione dell’Artificially Intelligent Critical Canine (A.I.C.C.A.), un cagnolino robotico creato dall’artista tedesco Mario Klingemann. Il robot – dotato di un modello GPT – è capace di produrre dei commenti su opere d’arte, visionate grazie a una videocamera che sporge da un occhio. Tali commenti non risultano sempre sensati; tuttavia, all’autrice non preme evidenziare i deficit della IA, bensì sottolineare il fatto che «parti e dettagli del mondo che a noi sembrano scontati diventano per la IA entità ancora da classificare, con risultati spesso diversi dai nostri. […] la IA […] non è viva ma ha comunque un diverso modo di elaborare la realtà» (p. 37). L’interazione e il possibile dialogo con entità non umane – già trattati da Donna Haraway negli anni Ottanta e, più recentemente, da Rosi Braidotti – possono rivelarsi un arricchimento per noi esseri umani, svelando prospettive inedite.
È questo il caso delle opere di Sofia Crespo, artista argentina che, tramite la collaborazione con la IA, propone una rappresentazione alternativa della natura: gli organismi raffigurati, infatti, «portano in sé tutto il mistero e la complessità di quelli reali, ma reali non sono. Sono esseri immaginari, o meglio esseri possibili, perché assomigliano molto a quelli esistenti ma – come tutte le copie che la IA produce della realtà – sono anche diversi» (p. 101). Nel suo lavoro, Crespo si rifà al Codex Seraphinianus, scritto da Luigi Serafini tra il 1976 e il 1978; l’universo teratologico del Codex viene ampliato da Crespo, includendo, oltre al mondo naturale, quello artificiale: nella serie Artificial natural history, l’artista mostra una realtà fantastica, in cui natura e artificio si compenetrano a vicenda.
Un altro esempio di questa interazione proficua si ha nel campo della fotografia. Di recente, Massimo Balestrini ha prodotto molte fotografie tramite l’uso di traduttori testo-immagine (TTI). Questo tipo di IA ha avuto un ruolo sempre più crescente negli ultimi anni, suscitando un grande dibattito tra studiosi come Joan Fontcuberta e Joanna Zylinska, che parlano, rispettivamente, di post-photography e after-photography. Le foto prodotte dalla IA – che in apparenza mostrano la sua autonomia – evidenziano, in realtà, il rapporto biunivoco tra umano e tecnica; la realizzazione di Parochet (2023) fa capire che «quello che ogni IA può realizzare dipende in gran parte […] da come è stata addestrata. […] l’opera non è mai un prodotto della IA da sola, ma risulta sempre da una interazione continua tra la macchina e l’artista umano» (p. 127).
La IA comporta, dunque, il ripensamento – ormai ampiamente discusso – dell’Umano. Per questa analisi Barale considera l’opera teatrale Una isla, messa in scena per la prima volta nel 2023. La peculiarità di questo spettacolo sta nel fatto che c’è un dialogo tra attori e IA: la rappresentazione «consiste in un luogo scambio di battute tra interlocutore umano e IA, che viene rappresentato attraverso una serie di scritte – bianche per le battute dell’essere umano, gialle per quelle della IA – che compaiono su un grande schermo» (p. 148). In questo contesto – così come negli spettacoli messi in scena dalla compagnia Improbotics –, assume rilevanza il ruolo dell’improvvisazione (nel senso socratico del termine): nelle rappresentazioni, «gli attori improvvisano assieme alla IA e nel fare questo accettano una “sfida”, un elemento di “rischio”» (p. 154).
In un recente libro, la studiosa di fenomenologia Floriana Ferro avanza l’idea di un’ontologia piatta relativa al rapporto tra l’umano e il digitale: «Il concetto di ontologia piatta, intesa in senso fenomenologico, non implica una realtà priva di profondità, bensì la mancanza di una struttura gerarchica degli enti» (F. Ferro, Fenomenologia del digitale. Corpi e dimensioni al tempo dell’intelligenza artificiale, Mimesis, 2024, p. 169). La proposta di Barale segue questa strada, promuovendo la collaborazione tra umano e IA. Tale collaborazione non vede la prevaricazione di una delle due parti ma un ruolo attivo da parte di entrambe. Il campo dell’estetica si rivela significativo, aprendo non a una semplice discussione artistica, bensì filosofica: le opere trattate nel libro dimostrano la necessità di ridiscutere i concetti sopraccitati. Con l’avvento della IA generativa, Opera, Autore, Tempo, Memoria e Umano non possono essere più considerati da una prospettiva strettamente antropocentrica; occorre ricordare – come afferma Theodor Adorno nei Minima moralia – che il nostro conoscere è un processo lacunoso, «Ed è in queste “lacune” che può inserirsi il dialogo con la IA, non per colmare le lacune, ma per infittire la “rete”, contribuire a “ricordare” quel che di volta in volta ci sfugge» (p. 156).
Con questo volume Barale percorre la via tracciata da Walter Benjamin ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, aprendo all’attuale rivoluzione digitale, rivoluzione che l’essere umano è chiamato a vivere e comprendere.

(3 febbraio 2025)

Inserisci un commento

dawgz.ai/it