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83. Recensione a: Guido Cusinato, Biosemiotica e psicopatologia dell’ordo amoris. In dialogo con Max Scheler, Franco Angeli, Milano 2018, pp. 192. (Mirko Di Bernardo e Valentina Deidda)

In Biosemiotica e psicopatologia dell’ordo amoris Guido Cusinato propone di ripensare in modo innovativo la tematica della corporeità sulla base di una biosemiotica dell’interazione fra corpo vivo (Leib) e ambiente (Umwelt), rivisitando i fondamentali concetti scheleriani di “persona” e di “ordo amoris” alla luce dei nuovi scenari aperti dalle più recenti ricerche nel campo della biologia teorica e delle scienze cognitive, dove le nozioni di auto-organizzazione, di emergenza e di embodiment ricoprono un ruolo oggi essenziale nello studio della vita, del mind-body problem, nonché dell’intersoggettività e dell’empatia. In quest’ottica, le emozioni e i sentimenti umani si rivelano “dispositivi che sperimentano livelli di sintonizzazione ulteriori” e che espongono ogni essere umano al rischio di alienarsi nelle differenti “forme d’esistenza psicopatologiche”. Si tratta, dunque, di una prospettiva lungimirante che prende in esame la psicopatologia come caso di studio per individuare “la filigrana che intesse la struttura della singolarità personale”. Se, come sostiene l’autore, il sé si presenta come relazionale e assiologicamente connotato, allora il risultato di queste indagini fenomenologiche conduce verso una visione unitaria e innovativa concernente non solo le implicazioni antropologiche ed etiche di tali ardite problematiche, ma soprattutto la possibilità di interpretare il piano stesso delle psicopatologie come “distorsioni” dell’ordo amoris.
Il volume, dunque, mettendo in stretta relazione psichiatria, scienze cognitive, biologia evoluzionistica, filosofia della mente, filosofia morale, epistemologia e antropologia filosofica, rivisita in chiave teoretica il problema dell’interazione tra organismi viventi e la comprensione del vissuto altrui andando oltre i presupposti individualistici e cognitivistici che sono alla base delle attuali teorie dell’emergenza, dell’embodiment e dell’empatia, cogliendo l’occasione di confronto offerta dalle neuroscienze per destrutturare il paradigma dominante secondo cui la comprensione dell’altro sarebbe successiva alla comprensione di sé così come la dimensione affettiva seguirebbe il processo cognitivo.
Cusinato, dunque, con competenza e rigore metodologico, offre un approccio di tipo sistemico, capace di andare oltre la mera differenziazione dei saperi specialistici e, allo stesso tempo, di tenere insieme le procedure ed i principi. La specificità delle discipline ed il complesso linguaggio di ogni singola area di studio devono essere inseriti in un lavoro di analisi e di traduzione che possa infine condurre verso una sintesi, fondata sul dialogo continuo tra anime differenti e complementari del sapere.
L’opera si presenta divisa in due parti: nella prima, l’autore sviluppa una biosemiotica (semiotica del bios) del corpo vivo incardinata nell’espressione e posta a fondamento dell’intercorporeità e della percezione dell’altro; nella seconda, viene proposta una psicopatologia dell’ordo amoris con particolare attenzione alla dimensione valoriale e affettiva che Scheler chiama “affettività primordiale” in quanto costituisce (anche per Cusinato) la base dell’incorporeità, dell’intersoggettività e dello sviluppo stesso della persona.
L’autore prende le mosse dall’emergentismo che nasce come tentativo di superare la contrapposizione fra idealismo e materialismo ma, ritenendolo ormai superato, propone il suo punto di vista costituito dall’idea che la novità ontologica dell’organismo sia la risultante del suo metabolismo, che viene ripensato in una prospettiva filosofica, oltre l’orizzonte meramente biologico. Di qui affiora l’idea di una biosemiotica del corpo vivo (carne vivente irriducibile sia alla res cogitans che alla res extensa, da cui deriverebbe l’errore di Cartesio) mediante la quale l’organismo, pur essendo chiuso in sé, interagisce e rimane aperto agli scambi con l’ambiente attraverso cui realizza comunque processi di biosintesi: in questo modo, esso può tracciare un confine ontologico fra sé e l’ambiente ma, nello stesso tempo, esprimere la propria identità. Identità che, nel caso dei sistemi personali, non rimane fissa nel corso di tutta l’esistenza, bensì si modifica costantemente al punto che si preferisce parlare di singolarità personale anziché di identità. Prendendo le distanze dalla tradizione del meccanicismo, pertanto, la vita viene dotata di una causalità circolare e retroattiva in cui l’organismo interagisce costantemente con l’ambiente circostante. Tutto ciò è possibile grazie allo schema corporeo, definito come un a priori materiale che permette di sentire, selezionare e interagire con un piano dell’espressione comune a tutti i viventi. Assumendo la ormai classica distinzione tra Körper e Leib (il corpo vivo caratteristico dell’animale), Cusinato mostra come ogni organismo vivente sia dotato di un proprio schema corporeo, il proto-self (presente fin dalla nascita), che determina l’ordo carnis, ossia l’ordine del sentire che si riferisce alla struttura motoria del corpo proprio e che accompagna ogni atto ed ogni vissuto. I livelli successivi di sintonizzazione con il reale sono il narrative self e il personal-non-self. Il primo si costituisce nella lotta per il riconoscimento sociale e prevede la presenza di (almeno) un alter-ego; il secondo, invece, si costituisce nel trascendere l’orizzonte autoreferenziale del sé e rappresenta quello che viene definito ordo amoris. A quest’ultimo concetto l’autore dedica la seconda parte del volume sviluppando originali riflessioni filosofiche incentrate sulla componente psicopatologica. Inoltre, sempre rivisitando Scheler, Cusinato delinea tre livelli di emotional sharing che permettono di interpretare gli stimoli, consentendo così al soggetto di accedere direttamente al mondo esterno: il livello unipatico – che comprende la grammatica dell’espressione comune a tutti i viventi, un’affettività primordiale che dà forma all’intersoggettività – il sentire empatico e quello compatico.
Se nella prima parte dell’opera è molto presente il confronto con teorie precedenti per metterne in luce i limiti (per esempio il dualismo cartesiano e lo schematismo kantiano) o in alcuni casi per evidenziarne le fecondità concettuali (si pensi al fondamentale contributo di Schelling per quanto attiene alla nozione di auto-organizzazione oggi ritenuta fondamentale per lo studio della morfogenesi e dell’origine biochimica della vita), nella seconda parte viene presentata, a nostro avviso, la tesi più acuta e innovativa dell’intera opera. Cusinato si confronta con la tradizione della psichiatria e della psicopatologia del Novecento, ma anche con l’attuale dibattito su intersoggettività e schizofrenia, quest’ultima intesa come disturbo dell’aidà (traità) o come processo di disembodiment. Si può osservare qui la concretezza delle argomentazioni di Cusinato che in accordo con altri studiosi analizza la schizofrenia come una specifica psicopatologia. Nonostante, infatti, l’autore porti svariati esempi, crediamo che la schizofrenia sia il più calzante per descrivere la centralità dell’ordo amoris e cosa comporti la sua perdita o distorsione.
L’autore ritiene che all’origine di tutto vi sia la relazione: non quella di Martin Buber, intesa in senso verticale come rapporto tra l’io e il divino trascendente, bensì la relazione intesa come aidà, sfondo originario da cui emergono tutte le relazioni. Emblematica è anche la metafora delle fontane danzanti che creano bellissimi giochi d’acqua, essendo i getti sincronizzati fra loro da un fondo comune, proprio come avviene per l’affettività primordiale comune a tutti i viventi. Secondo lo psichiatra giapponese Kimura, i problemi del principium individuationis della persona, il cosiddetto ordo amoris (ordine del sentire unico e insostituibile e ordine affettivo della singolarità personale che differenzia l’uomo dagli altri esseri viventi) tipici della schizofrenia, si verificano proprio quando viene compromessa questa relazione simpatetica di base con il mondo. L’aidà è duplice: orizzontale, fra l’essere vivente e l’ambiente o fra gli esseri umani; verticale, fra ogni singolo vivente e il fondo stesso della vita. In accordo con l’interpretazione di Kimura che intende la schizofrenia in termini di disturbi dell’aidà, la tesi del libro di Cusinato è che all’origine non ci sono due entità separate che successivamente interagiscono (presupposto individualista delle teorie dell’embodiment, dell’empatia e dell’intersoggettività), bensì un’affettività originaria che rende tutti gli organismi sintonizzati con il piano espressivo della vita. Le emozioni umane, ex-centriche perché rivolte continuamente verso il loro esterno in un costante interagire fra corpo vivo (Leib) e ambiente epigenetico (Umwelt), espongono l’uomo al rischio di alienarsi nelle varie forme di esistenza psicopatologica. Quando la relazione tra i due soggetti non riesce a manifestarsi, si palesano diversi disturbi della personalità. È proprio a questo livello che diventa centrale, agli occhi di Cusinato interprete di Scheler, il concetto di ordo amoris, nucleo della struttura della persona e organo di posizionamento nel mondo mediante cui ci si apre verso l’esterno del proprio ego: quando una persona ama, infatti, significa che fuoriesce da se stessa e coopera con l’altro alla realizzazione della sua pienezza. In quella che Cusinato chiama propriamente “psicopatologia dell’ordo amoris”, occupano un posto centrale i disturbi della valueception ossia della percezione dei valori: tra questi, in particolare, troviamo la melancolia e la schizofrenia. Questi disturbi impediscono al soggetto di praticare l’emotional sharing e di costituirsi, dunque, come un personal-non-self, terzo e ultimo livello di sintonizzazione con il reale mediante il quale la persona esce da se stessa seguendo una logica ex-centrica. L’apatia che caratterizza i disturbi del melanconico va ad inficiare la dimensione enattiva con la quale esperienze coscienti vengono ad essere connesse alle interazioni senso-motorie fra soggetto e ambiente: la melanconia prevede una anaffettivà di fondo che va a compromettere il processo di elaborazione delle emozioni.
Nello schizofrenico, invece, secondo Cusinato, entrano in gioco processi di disembodiment che compromettono la dimensione propriamente intersoggettiva: la decostruzione dell’ordo amoris porta alla perdita di contatto con il piano dell’espressione del senso comune e ciò deriva dalla compromissione del rapporto con il piano unipatico della vita. La riduzione che caratterizza la schizofrenia non permette al soggetto di uscire dal proprio ego, dal proprio sé autoreferenziale, bensì fa collassare l’ordo amoris in un circolo vizioso che, come nel caso di Paul Schreber, si rivolge sempre e solo verso il proprio io, trasformando l’alterità in una presenza umbratile: lo schizofrenico percepisce l’altro come una minaccia costante che può penetrare la sua soggettività per impadronirsene. Da qui deriva una auto-organizzazione sui generis del mondo dello schizofrenico: Emil Kraeplin paragona il suo mondo a quello di un’orchestra senza direttore. A questi pazienti viene a mancare la personalità in quanto essi sono costantemente impegnati a costruire quella base che il soggetto sano presuppone senza pensarci. Blankenburg sostiene che allo schizofrenico venga a mancare quello che Pascal indicava come “esprit de finesse”, il “sentire le cose come sono”, la valueception.
Tra i principali punti di forza dell’opera di Guido Cusinato segnaliamo certamente il fatto di aver offerto un contributo di rilievo, anche in termini epistemologici, per implementare in modo fecondo il dialogo tra filosofia e psichiatria, indagando la psicopatologia dell’ordo amoris mediante il confronto costruttivo fra diverse teorie psichiatriche e filosofiche dello scorso secolo. Inoltre, sulla scia delle recenti conquiste in ambito biologico e nel campo delle scienze della vita, appare significativo il fatto che l’autore abbia posto alla base di tutti i processi viventi una grammatica universale dell’espressione, quella cosiddetta affettività primordiale imbevuta di significato che caratterizza tutti gli organismi viventi (e non solo l’uomo), attraverso cui tutto ciò che è vita appare sintonizzato fin dal principio con un piano espressivo (primordial affectivity). Infine, è estremamente importante comprendere come questo piano affettivo primordiale sia connesso con forme di disturbi psicotici quali, appunto, la melancolia e la schizofrenia, collegata in qualche modo alla plasticità dell’esistenza umana. La schizofrenia, in particolare, si presenta come interruzione del processo antropogenetico in quanto, essendo l’ordo amoris responsabile della metabolizzazione di nuove formae mentis, se quest’ultimo viene compromesso, viene meno anche la possibilità di un riposizionamento nel mondo che può portare al blocco dell’élan personnel e ad una situazione di estraneazione. La nostra vita (anche quella emotiva) segue regole precise; non è dettata dal caos e nulla è dato al caso: tutt’al più si può parlare di un caos deterministico in cui ogni processo vitale segue logiche dettate da regole interne che si esprimono in maniera diversa in ognuno di noi ma che, attingendo a quella grammatica universale, rimangono essenzialmente costanti.
Cusinato, pertanto, ci aiuta, attraverso un’analisi innovativa, ad accostarci ad una problematica che più di altre è stata capace di far interagire in modo originale, sul piano antropologico e su quello fenomenologico, le acquisizioni della scienza con l’impianto tradizionale di una filosofia di ispirazione continentale di matrice tedesca.

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