DF XXIII, 2013-1:
LA METAFISICA DEL POSITIVISMO
a cura di Luca Guidetti e Giuliana Mancuso
Il termine “positivo” compare per la prima volta in Comte per caratterizzare, in base a cinque significati, la nuova metodica scientifica che si oppone al precedente dogmatismo idealistico. Un atteggiamento programmatico positivo implica infatti la tematizzazione del “reale”, dell’“utile”, del “certo”, del “preciso” e, soprattutto, di ciò che è “contrario al negativo”. La vera filosofia moderna deve dirsi positiva in quanto destinata “non a distruggere, ma ad organizzare” (Discours sur l’esprit positif, 1844). Questi cinque significati son inquadrabili all’interno di quattro regole – fenomenismo, nominalismo, avalutatività, unità metodica della scienza – che costituiscono per tutti i positivisti la cornice normativa dell’antimetafisica. Tuttavia, l’opposizione positivistica alla metafisica avrebbe ben presto rivelato la propria dipendenza da una serie di assunzioni di principio che dovevano impegnare gli esponenti del movimento in una più attenta determinazione delle critiche alla metafisica, fino alla più recente autodenuncia quineana dei “dogmi” che, in generale, si son posti a fondamento di ogni atteggiamento radicalmente empiristico. Tali assunzioni implicite consistono anzitutto nell’impiego del “reale” come definiens per gli altri significati, generando il paradosso per cui ciò che è esperienza dev’essere deciso sul fondamento di un carattere dell’esperienza stessa. In questo senso, il fattuale e il reale si presentano come quella “base” indubitabile che, per la sua stessa conformazione empirica, dovrebbe d’altra parte respingere come “metafisico” tutto ciò che si sottrae ad ogni dubbio.
Accanto a questo circulus in probando, il positivismo presenta una ben più grave difficoltà che ne minaccia la stessa consistenza logico-conoscitiva: se la “base” è fenomenistica e, come tale, legata alla tesi dell’immanenza dell’esperienza, il concetto di verità assume allora un’impronta obiettivistica nella misura in cui viene a dipendere dalla forma ricettiva del dato empirico. Per immunizzare la verità da ogni possibile deriva nel senso della trascendenza, occorre dunque introdurre surrettiziamente un modello normativo i cui “divieti” impongano l’abbandono di tutto ciò che non è esprimibile nei termini dell’immanenza percettiva. Non solo, quindi, risulta privo di senso ogni problema relativo all’esperienza nella sua totalità, ma anche il mondo dei valori (conoscitivi, etici, estetici) viene ridotto a una mera reazione biologica dell’animale-uomo agli stimoli dell’ambiente. Ma da dove viene allora l’aspirazione umana alla ragione o, per altro verso, alla “certezza” metafisica? Se i criteri di significatività escludono ciò che non appartiene al reperto fenomenico, il positivismo finisce per lasciare spazio proprio a quelle concezioni – come la filosofia della vita e il bergsonismo – che vedevano nella vicenda intellettuale dell’uomo il segno della sua decadenza biologica o, viceversa, che coglievano nella sua spinta verso la trascendenza l’effetto di una parte esclusivamente spirituale della sua natura.
In realtà, nella sua lunga storia il positivismo ha saputo correggere, ampliare e rendere più “tollerante” il suo concetto di esperienza sia rinunciando all’atomismo logico e alla tesi, nascostamente metafisica, che solo il singolare sia reale, sia cercando di riformulare su basi logico-linguistiche i criteri di significatività. Se il significato non è un dato ma una regola d’uso, la metafisica è “significativa” non meno delle scienze empiriche ed è legittima purché non si attribuisca uno stretto valore conoscitivo alle sue proposizioni. Si tratta, in ultima istanza, di dar seguito alla concezione wittgensteiniana del complemento logico-semantico di ogni espressione significativa per cui, se ha un senso la tesi dell’immanenza, deve averlo anche la posizione della trascendenza. Ma il contributo forse più importante che alcune correnti del positivismo hanno dato all’indagine filosofica attuale è stato quello di porre il problema dell’esperienza nella forma di un processo costitutivo di cui occorre cogliere la genesi, evidenziando gli aspetti dinamici e funzionali che ne regolano il decorso. Anziché proporsi come l’origine di ogni contenuto veritativo, il pensiero metafisico può così presentarsi come un carattere, cioè come una modalità dell’esperienza. È su questo terreno che convenzionalismo, relativismo e costruzionismo possono trovare un punto d’incontro con una metafisica non pregiudicata all’interno di un’unica visione del mondo.
Se si guarda d’altra parte al dibattito ontologico in ambito analitico, si vedrà che la metafisica concepita come indagine dotata di valore conoscitivo autonomo rispetto alle scienze, avente per oggetto i temi classici della tradizione filosofica (esistenza, identità, natura delle proprietà, causalità ecc.), gode di ottima salute, con buona pace delle posizioni quietistiche o deflazionistiche che riattualizzano l’accusa neopositivistica di insignificanza nei confronti delle questioni metafisiche, rigettate come mere dispute verbali che si limitano a descrivere in modo contrastante il mondo, senza che ciò abbia effettive ricadute su di esso. Posizioni, queste ultime, sulle quali si allunga l’ombra di assunzioni metafisiche – anch’esse non esplicitate – che ricordano mutatis mutandis quelle logico-empiristiche; e, come notava un positivista che non temeva gli impegni metafisici connessi al lavoro filosofico, “una metafisica non esaminata, ossia sostenuta in modo implicito, è per un filosofo la metafisica peggiore di tutte” (G. Bergmann).
Indice
(cliccando sul titolo si può leggere l’abstract)
Luca Guidetti, Giuliana Mancuso, Presentazione
Hermann Lübbe, Positivismo e fenomenologia. Mach e Husserl (a cura di Giuliana Mancuso)
Richard Fumerton, Positivism and the limits of thought
Erik C. Banks, Metaphysics for positivist: Mach versus the Vienna Circle
Karl Egerton, Carnap, conventions, and circularity
Massimo Ferrari, Moritz Schlick. Metafisica, positivismo, realismo
Luca Guidetti, Logica della struttura e metafisica in Richard Avenarius
Manfred Sommer, Das unrettbare Ich und die heitere Passivität des Ernst Mach
Filippo Piovesan, Le implicazioni metafisiche del positivismo: un contributo husserliano
David Ceccarelli, Herbert Spencer e gli Stati Uniti: dalla Synthetic Philosophy alla metafisica del progresso
Mike Gane, Auguste Comte’s positivism and the persistence of metaphysics